Pedro Armocida
da Roma
Le atmosfere sono quelle dense e cariche di drammaticità a cui il cinema nordico ci ha da sempre abituati. Lo stile si avvicina molto all'ormai classico decalogo dogma di Lars Von Trier con l'utilizzo quasi esclusivo della macchina da presa in spalla a seguire i corpi, ma soprattutto i volti dei protagonisti. Il risultato è il coinvolgente Dopo il matrimonio di Susanne Bier, candidato dalla Danimarca per il premio Oscar come film straniero e distribuito da noi a partire dal 22 dicembre dalla sempre attenta Teodora Film di Vieri Razzini che, in linea con i contenuti del film, sostiene la campagna Riscriviamo il futuro dell'organizzazione Save the Children destinando gli incassi del 24 dicembre.
Storia d'un dramma familiare che parte dall'India dove il quarantenne Jacob (interpretato da Mads Mikkelsen, il cattivo Le Chiffre nel nuovo film di James Bond Casino Royale) si dedica ai piccoli orfani. Nel momento in cui la sua struttura sta per chiudere per mancanza di fondi, un uomo d'affari danese, Jorgen (Rolf Lassgard), si offre d'aiutarlo. Il ritorno per la firma dell'accordo nella sua Danimarca, dove non mette piede da vent'anni, lo porterà a scoprire una serie di coincidenze, come quella che la moglie del magnate è stato un suo grande amore del passato, che non sembrano frutto del caso ma di una pianificazione tutta da scoprire.
Oriente povero da una parte e ricco Occidente dall'altra? «In realtà - spiega la regista - noi scandinavi ci siamo sempre considerati cittadini di un'isola benestante separata dal resto del mondo. Oggi però non ci sentiamo più così separati. Ho scelto l'India per far vedere che ciò che accade così lontano ci è anche vicino, ma quel Paese nonostante la povertà è anche molto ricco, attraente, pieno di contraddizioni. Quindi la contrapposizione non è estremistica». Susanne Bier, che ha da poco terminato le riprese del suo primo film americano con Hale Berry e Benicio Del Toro prodotto dalla Dreamworks, racconta ancora una volta, come nel precedente Non desiderare la donna d'altri, temi familiari perché, dice, «non riesco a fare altrimenti.
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