Politica

Una storia troppo banale: il rompicapo dell’inchiesta

Il paradosso: nessun'ombra nella vita della vittima. Tanti gli elementi per dubitare del fidanzato, ma non ci sono prove contro di lui

Una storia troppo banale: il rompicapo dell’inchiesta
Vigevano - «Tempi medio lunghi», sentenziano gli investigatori. La svolta, attesa spasmodicamente, non è arrivata nemmeno con i camici bianchi del Ris. I tecnici hanno prelevato moltissimi campioni nella villetta del delitto, ma non è detto che l’analisi di questo materiale porti a risultati definitivi. Insomma, il giallo di Garlasco si avvita sulla propria apparente semplicità. «Chiara - ripete chi indaga - era una ragazza riservata, aveva non più di venti o trenta rapporti fra amici e parenti e la sua vita non presenta alcuna anomalia. Nulla di nulla salta fuori dai tabulati del telefonino, dagli Sms, dall’agenda». Dunque? Visto che ha aperto all’assassino è altrettanto evidente che conosceva chi l’ha colpita, inseguita e ammazzata con una ferocia inspiegabile.

Ma chi? In Procura allargano le braccia: «Apparentemente non è emerso alcun dissidio, alcun motivo di rancore fra Chiara e il fidanzato Alberto». Però è lui, lui e solo lui, il sospettato di questa storia. E qui siamo al paradosso: Alberto Stasi è stato iscritto nel registro degli indagati dopo una settimana di laboriosi accertamenti; insomma, si è proceduto contro di lui con prudenza, forse perfino troppa, e dunque, dal punto di vista dell’accusa a ragion veduta. Però nessuno è riuscito a chiudere il cerchio. La prova provata della colpevolezza non è arrivata, il ragazzo, definito «molto intelligente» da chi l’ha interrogato, ha retto agli interrogatori. E però non ha convinto fino in fondo, alimentando la stranezza di una storia banale, ma così banale da diventare torbida.

Il racconto di Alberto non quadra. Ha descritto movimenti e spostamenti in quei secondi trascorsi nella villetta di via Pascoli che cozzano contro tutta la ricostruzione messa in piedi dai Carabinieri. Nessuno vuole entrare nei dettagli, ma a seminare dubbi non ci sono solo gli elementi già finiti sui giornali. Per esempio, il volto di Chiara, che non poteva essere terreo come Alberto affermava, ma ricoperto di sangue. C’è altro: probabilmente gli atti compiuti fra una stanza e l’altra da Alberto Stasi sono incompatibili con le tracce e le impronte rilevate dai militari. È strano poi, com’è stato scritto, che sia uscito con le scarpe pulite da un ambiente sporco di sangue. E però a complicare una storia già ingarbugliata, anche questa possibile incongruenza potrebbe non essere tale; i necrofori che hanno portato via il corpo di Chiara l’hanno spiegato ai cronisti: con un minimo di circospezione era possibile uscire con le scarpe intonse. Alberto si sarebbe sicuramente macchiato se fosse sceso giù verso la taverna. Ma non l’ha fatto, o così dice.ù

Nuovo avvitamento: ci sono elementi più che sufficienti per dubitare di lui, e non solo psicologici, ma non c’è una prova che sia una per sostenere un processo. Le altre piste?

Debolissime. Fuori gioco, per l’evidente illogicità del comportamento, un rapinatore o un ladro: scoperti, avrebbero sì colpito la ragazza, ma poi sarebbero scappati senza infierire. E allora si continua a interrogare amici e parenti. Sarebbe paradossalmente un sollievo per gli investigatori scoprire che Chiara aveva allacciato una qualche relazione, magari solo un’amicizia un po’stringente fuori dall’ombra del campanile. Ma per ora questa traccia non c’è. «Scandaglieremo a fondo l’ambiente del lavoro a Milano, ma è dura immaginare una soluzione».

E allora si procede passo passo, anzi a passetti: indagini di laboratorio complesse, accertamenti che richiederanno settimane. I giornali hanno enfatizzato questo o quell’elemento, ma un conto è la fiction, altra cosa è la realtà: il capello che avrebbe dovuto consegnare il nome dell’assassino si è volatilizzato, il fuoristrada che qualche presunto testimone avrebbe visto non c’è mai stato, anche la bicicletta notata da un’anziana signora evapora col caldo.

E se si fosse sbagliata? Va da sé, in perfetta buonafede? Peccato, perchè, altro dettaglio malandrino, il clima ferragostano sembra fatto apposta per proteggere l’autore di un gesto così efferato.

Storia semplice e diabolica. Un ragazzo di provincia che supera indenne decine di ore di interrogatori dopo che un Pool di esperti si era preparato per una settimana accumulando e passando alla moviola tutti i minimi indizi. Com’è possibile?
Commenti