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Kissinger cacciatore di nazisti per l'intelligence

Poco prima della "Notte dei cristalli" Henry Kissinger fuggì dalla Germania di Adolf Hitler per farvi ritorno come soldato nel 1944. Gli affideranno un compito delicato: "scovare" nazisti

Kissinger cacciatore di nazisti per l'intelligence

Novembre 1944. Un giovane soldato americano siede alla scrivania di un campo base nella Germania occidentale appena occupata dagli Alleati che, dalla Normandia in poi, hanno marciato fino ai confini della Renania e della Sassonia.

Ha uno stemma di un'accetta che spacca la legna cucito sulla spalla destra e inforca occhiali di metallo, dalla montatura sottile ma generosa in grandezza come le sue orecchie sveglie. Sta scrivendo una lettera ai genitori, tedeschi, ebrei come lui, fuggiti dalla Germania insieme a lui sei anni prima, appena due settimane prima della famosa "Notte dei cristalli". La lettera sarà indirizzata al Washington Heights, un quartiere modesto per esuli europei come tanti ne sono nati dall'inizio secolo sull'isola di Manhattan, New York.

Scrive: "Quindi sono tornato dove volevo essere. Penso alla crudeltà e alla barbarie che quelle persone là fuori tra le rovine hanno mostrato quando erano in cima. E poi mi sento orgoglioso e felice di poter entrare qui come un soldato americano libero”. Si firmerà Henry, ma il suo nome completo all'anagrafe era Heinz Alfred Kissinger, nato il 27 maggio del 1923 a Furth, in Baviera.

Nella "Fortezza Europa"

Kissinger, che aveva cambiato il suo nome in Henry per sentirsi più americano, è inquadrato nella compagnia G del 335° reggimento della 84°divisione di fanteria dell'Us Army, i "Railsplitters". Sbarcato appena qualche settimana prima in Normandia, ad Omaha Beach, proprio dove gli americani hanno iniziato la liberazione della Fortezza Europa, ha raggiunto il fronte che ormai si è spostato ai confini orientali della Francia, per prendere parte alla Battaglia delle Ardenne e proseguire sulla direttiva che attraverso il Belgio lo condurrà di nuovo in Germania, nel marzo del 1945.

Lì il giovane Kissinger, appena ventenne, rimane duramente colpito dall’odio ma anche dalla compassione che prova per i suoi vecchi compatrioti, atterriti e sfollati, ritrovandosi presto faccia a faccia con l’Olocausto. "Una delle esperienze più orribili della mia vita” annoterà nelle sue memorie.

Dopo l’occupazione di Hannover, avvenuta il 10 di aprile, lui e alcuni altri si imbatteranno in uno strano campo con poche baracche circondate dal filo spinato, era nelle vicinanze della città. Avevano scoperto il campo di concentramento di Ahlem, dove un numero imprecisato di prigionieri ebrei - tra i 200 e i 250 - sono stati trovati abbandonati tra i loro compagni morti, affamati e malati. Le SS erano già scappate da tempo, dirette, pare, con i prigionieri in grado di marciare verso il campo di Bergen-Belsen. Alcuni giorni dopo la stessa divisione scoprirà e libererà il campo di lavori forzati femminile di Salzwedel. Le scene che si troverà davanti agli occhi saranno ugualmente atroci.

Tra i vivi e i morti

C’è chi dirà sul conto di Kissinger che era capace di spietato cinismo. La stessa adorata Oriana Fallaci lo descriveva come “un anguilla più fredda del ghiaccio”. Dopo aver visto con i suoi occhi le atrocità dei campi di concentramento, nel fetore delle baracche non si distinguevano i vivi dai morti, scriverà: “Questa è l'umanità nel XX secolo. Le persone raggiungono un tale stupore di sofferenza che la vita e la morte, l'animazione o l'immobilità non possono più essere differenziate. Chi è stato fortunato, l'uomo che borbotta: "Sono libero", o le ossa che sono sepolte nella collina?”. L’interrogativo rimase sospeso, perché tempi bui sarebbero tornati, e nessuno si sarebbe davvero dimostrato pronto a seppellire l’ascia di guerra. Intanto per lui, la guerra andava avanti.

Fin dall'entrata in Germania, i superiori del giovane sergente Kissinger avevano preso atto della sua ottima conoscenza della lingua tedesca. Per tale motivo era stato assegnato alla raccolta di informazioni e alla traduzione degli interrogatori ai prigionieri. Un compito che gli consentì di "individuare" i primi nazisti e avvicinarsi alle mansioni che avrebbe in seguito svolto per l'intelligence americana che si sarebbe stabilita nei territori occupati.

In Germania inizierà a a cercare i suoi parenti nella speranza di trovare dei sopravvissuti. Tre zie, tre zii, tre cugini non riuscirono a scampare, tra milioni di altri, alla Soluzione finale pianificata dai sicari di Adolf Hitler fin dal 1938, anno in cui lui era fuggito a Londra. “Mi è passato per la mente che avrebbe potuto essere il destino dei miei genitori e in una certa misura.. il mio destino” si ripeterà spesso; consapevole che tra le migliaia di corpi senza nome seppelliti in centinaia di fosse comuni, potevano esserci lui, sua madre, suo fratello, suo padre. E allora non ci sarebbe stato il percorso da raffinato e scaltro intellettuale di Harvard; né sarebbe stato consultato dalle amministrazioni Kennedy e Johnson come consigliere per la Sicurezza nazionale. Non avrebbe ispirato Stanley Kubrick - o almeno si diceva - per il personaggio del Dottor Stranamore; non sarebbe stato Segretario di Stato nell'amministrazione Nixon, né avrebbe vinto il Nobel per la Pace nel 1973. Non sarebbe diventato Henry Kissinger: uno dei maggiori pratagonisti della politica estera di una più influenti potenze del mondo e della storia.

Un secolo dopo

Nell'estate nel 1945, a guerra finita, il ragazzo con gli occhiali grandi e il sorriso giocondo se ne andava in giro per la Germania caduta con una Mercedes bianca. Appena un anno dopo verrà assegnato al 970th Counter Intelligence Corps Detachment, un’unità di controspionaggio che attraverso interrogatori ai prigionieri, disamina di documenti catturati e informazioni, individuava criminali di guerra, agenti ostili, reti di resistenza, e faceva le veci di un governo militare de facto nei territori occupati. Il giovane Kissinger non dimostra di cercare vendetta, anche se come agente del controspionaggio responsabile della “denazificazione” ha immenso potere e può ordinare l'arresto di chiunque sia anche solo sospettato. Si limiterà ad applicare la giustizia. Quando scova un criminale di guerra, non c'è ragione per non spingerlo in un campo di prigionia o tra le braccia del boia.

A quei tempi Harvard e la Casa Bianca erano ancora distanti. Le psicosi da Cortina di ferro e i pericoli della Guerra Fredda erano ancora distanti. Poteva fermarsi a pensare a come sarebbe stata la seconda parte di un'adolescenza felice nel paese in cui era nato e dal quale era dovuto scappare per non morire.

Ragione per cui tenterà - nonostante l'atroce discutibilità di molte scelte - di perseguire in tutto e per tutto un concetto di pace e logica degli interessi che potesse trattenere le grandi potenze dall'armare una nuova guerra mondiale. Sempre con una lucidità e una lungimiranza che risultano ancora disarmanti per i suoi uditori, anche oggi, a un secolo dalla nascita.

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