La magia dei Giochi che trasforma tutti in atleti olimpici

Credeteci, succederà così, tutti e per sempre diventerete come atleti che tramandano la propria avventura ai Giochi, il proprio "io c'ero" olimpico

La magia dei Giochi che trasforma tutti in atleti olimpici
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In fondo, sono e siamo tutti olimpici. Atleti e pubblico, organizzatori e volontari, politici e dirigenti, giornalisti e cittadini. È la legge non scritta dei cinque cerchi. Lo si diventa e lo si rimane. Per sempre. Perché è inevitabile, perché è bello, perché è emozionante gettarsi in questo frullatore dell'impegno e della passione che, prima, seduce e travolge chi ci lavora e chi lo vive e poi, appena spento il braciere, si fa rimpiangere per sempre. Si diventa tutti olimpici e ciascuno alla propria maniera tutti atleti. Quelli veri, che lotteranno per salire sul podio, e le persone comuni, milanesi e valtellinesi, venete, trentine e altoatesine che dovranno per forza affrontare qualche disagio durante quelle meravigliose due settimane. Fra questi, qualcuno vincerà la propria olimpiade conquistando in tutti i sensi l'oro, affittando alloggi e case a prezzi che neppure a Hollywood, altri la perderanno spersi e innervositi negli ingorghi e i transennamenti, tutti però uniti nel ricordarla con l'orgoglio sincero e sudato di chi ha vissuto il privilegio di averne preso parte. Volente o nolente. Credeteci, succederà così, tutti e per sempre diventerete come atleti che tramandano la propria avventura ai Giochi, il proprio «io c'ero» olimpico.

Una sola avvertenza: non fate come i parigini che, intimoriti dai Giochi estivi dello scorso anno, avevano svuotato la città regalando la Ville Lumiere a cinque cerchi ai turisti più felici di sempre nello scorrazzare passeggiando in bicicletta accanto te, cantava Riccardo Cocciante. Salvo poi capire l'errore e tornare in fretta e furia a Giochi. Purtroppo per loro quasi finiti. E senza poter dire: «Io c'ero».

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