Il rugby, sport per "tutti i sessi"

Le nuove regole "inclusive" della federazione inglese di rugby

Il rugby, sport per "tutti i sessi"
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Entusiasmo per la vittoria dell'Italia del rugby sull'Australia, nel test match di Udine. Stephen Varney, gallese con madre italiana, è stato premiato come «man of the match». Il riconoscimento è considerato profondamente sessista dalle nuove linee guida dell'England Rugby, il sostantivo «man» è discriminante, può considerarsi una forma di bullismo ed è escludente. Meglio, dunque, consegnare il premio al «player of the match», i cervelli britannici della palla ovale hanno anche spiegato che sarebbe ora di smetterla con «ladies and gentlemen», si adotti il semplice e immediato «folks», tradotto in italiano suona come gente, persone, immaginate allora il presentatore che si rivolge al pubblico: «buona sera, gente». Non è finita qui, non si può scrivere e dire «chairman», è divisivo, basta «chair», la sedia, anche se femminile, include. Così «gli azzurri» limita il genere, dunque «team», squadra senza il riferimento al sesso.

Secondo la proposta made in Uk certi sostantivi o aggettivi possono provocare dolore all'atleta, anche «gli» e «le» sono discriminanti, quando si scrive «entrambi i sessi» si viene meno al rispetto, preferibile «tutti i sessi». L'idea bizzarra non piace alla maggior parte dei tifosi e soprattutto ad Alka Sehgal Cuthbert che, non a caso, è la direttrice di Don't Divide Us: «Puzza di disperazione nel voler apparire cool». Capito, gente?

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