«Stragi efferate contro ogni diritto di guerra»

Alfio Caruso è autore di uno dei libri più noti su Cefalonia e la strage dei militari della divisione «Acqui», Italiani dovete morire, pubblicato da Longanesi. È stato proprio il suo volume, pubblicato nel 2000, a riaccendere l’interesse sulla vicenda.
Caruso, cosa pensa della riapertura del procedimento giudiziario a carico di un militare tedesco relativamente all’eccidio della «casetta rossa»?
«Ci avviciniamo al settantennale dei fatti... E questo è l’ennesimo processo verso un novantenne... Per quanto riguarda il singolo, a sessantotto anni di distanza, mi sembra inutile infierire. A questo punto non ha più senso, non andrà certo in carcere. La questione del ribadire invece che fu compiuta un’atrocità tremenda e che la Germania non ha mai chiesto nemmeno scusa, è tutta un’altra questione. Avremmo dovuto intervenire diplomaticamente negli anni ’50 e ’60 quando si poteva... Ma si preferì il quieto vivere al ristabilimento della verità».
Sul fatto che si tratto di un eccidio ingiustificato non ci sono dubbi vero?
«Nel caso specifico della “casetta rossa”, l’ultimo di tanti eccidi, furono uccisi decine e decine di ufficiali italiani prigionieri, senza alcun tipo di processo: li fucilarono quattro alla volta vicino a un ulivo. I cadaveri vennero in parte bruciati. Poi i genieri italiani prigionieri vennero costretti a caricare il resto dei corpi su una motozzattera. Una volta in mare la fecero saltare in aria con a bordo gli stessi genieri ancora vivi».
Nessun diritto di guerra può giustificare atti del genere...
«No, anche perché al di là del famoso referendum dei soldati per non cedere le armi ai tedeschi la sera del 15 settembre, erano arrivati al generale Gandin ordini via radio. Erano laconici, in ritardo, ma precisi: resistere a ogni aggressione e considerare il tedesco come nemico. Lui e i suoi uomini li hanno eseguiti».
Quindi?
«Quindi non c’è molto da dire oltre quello che ha detto l’accusa a Norimberga rivolgendosi al generale Hubert Lanz, che comandava le truppe responsabili degli eccidi: “Questa strage deliberata di ufficiali italiani... è una delle azioni più arbitrarie e disonorevoli nella lunga storia del combattimento armato. Questi uomini infatti indossavano una regolare divisa, portavano le armi apertamente e obbedivano a ordini legittimi...».
E le continue polemiche sul numero dei caduti?
«Recentemente purtroppo vi a preso parte anche una storica brava e seria come Elena Aga-Rossi, che ha accettato la tesi tedesca secondo la quale i morti sarebbero “soltanto” 3mila... Io mi limito a dire questo: i morti in combattimento durante lo scontro con i tedeschi furono tra i 1300 e i 1500.

L’organico della Acqui era di circa 11mila settecento soldati - lo dicono i registri - e se i tedeschi ne hanno uccisi 3mila dopo e quelli tornati in Patria furono circa 2.400, gli altri dove sono? Fuggiti con delle ballerine di flamenco?».

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