Politica

La strategia del muro contro muro crea il panico tra i peones centristi

Le seconde file del partito: «Chi rischia la bocciatura siamo noi, non la nomenklatura». Trema anche chi ha il collegio blindato

Adalberto Signore

da Roma

E dunque Marco Follini sta facendo sul serio. O almeno così la iniziano a pensare molti dei parlamentari dell’Udc, convinti fino a qualche tempo fa che quella del segretario fosse una strategia di disturbo mirata ad ottenere il più alto numero possibile di collegi in vista delle politiche del prossimo anno. Invece, ieri è arrivato l’ultimo fendente. «Il tema della leadership - ha detto ieri Follini in chiara polemica con Silvio Berlusconi - non è né un tabù né un sacrificio. Il campo delle possibilità è ampio».
Insomma, lo strappo tra i centristi e Forza Italia sembra sempre più vicino. E nell’Udc sono in molti a preoccuparsi, soprattutto le cosiddette seconde file. Già, perché dopo la poco incoraggiante ricerca realizzata qualche settimana fa dal Centro studi di Montecitorio (che ha rielaborato i risultati delle elezioni regionali della scorsa primavera applicandoli ai collegi uninominali delle politiche) l’eventualità che davvero si vada a un muro contro muro con Berlusconi ha gettato nel panico deputati e senatori.
Certo, la situazione non è rosea neanche per i vertici del partito, ma - si sfoga un esponente dell’Udc - «è chiaro che la nomenklatura non si andrà a suicidare in collegi a rischio». Così, se Pierferdinando Casini può dormire sonni tranquilli nel suo collegio di Pomezia (Lazio) e Follini non rischia più di tanto a Mola (Puglia), il problema pare essere soprattutto per le seconde file.
Perché è vero che analisi come quelle fatte dal Centro studi di Montecitorio hanno un valore spesso solo indicativo, ma è altrettanto vero che il numero dei collegi border line - soprattutto quelli di Forza Italia e dell’Udc - sembra essere salito di molto. E ai numeri, poi, va aggiunta la percezione dei singoli parlamentari, molti dei quali convinti che la partita dell’uninominale nei collegi che nel 2001 li hanno eletti sarà più dura del previsto.
Anche uno che se la cava come il capogruppo alla Camera Luca Volontè, eletto in Lombardia 2 (Busto Arsizio), avrà infatti il serio problema di doversi affidare a un elettorato a prevalenza leghista. E il rischio che quelli del Carroccio decidano di boicottarlo non è certo da prendere sottogamba. Poi c’è la lunga schiera di quelli che di problemi ne hanno a prescindere dalla Lega. Emerenzio Barbieri, per esempio, che nel collegio Lombardia 3 (Agrate Brianza) - pure qui il Carroccio ha il suo peso - è dato sotto. Come Erminia Mazzoni, eletta in Campania 2 (Ariano Irpino), che dovrà pure vedersela con Ortensio Zecchino. L’ex ministro dell’Università, infatti, porta in dote un cospicuo numero di voti e ancora non ha deciso con chi scendere in campo. Sembrano reggere, invece, i collegi calabresi di Mario Tassone (Catanzaro), Michele Ranieli (Vibo Valentia) e Giuseppe Galati (Lamezia Terme). Mentre le sorti dei deputati siciliani Giuseppe Drago (eletto a Modica) e Massimo Grillo (a Marsala) dipendono sostanzialmente dalla strada che alla fine deciderà di imboccare Raffaele Lombardo, presidente della provincia di Catania, europarlamentare e leader del Movimento per le autonomie.
Ma c’è pure chi se la passa meglio, almeno sul piano dei numeri. È il caso dei parlamentari veneti, molti dei quali conservano seggi blindati. Qualche esempio? Anna Maria Leone, deputato eletto a Legnago, Luigi D’Agrò a Vittorio Veneto e Giuseppe Gaburro, senatore di Este. «Il problema - ironizzano gli insoddisfatti - è che sono blindati per modo dire. Il rischio è che da quei collegi siano catapultati chissà dove per fare spazio alla nomenklatura». Stesso discorso può valere per Antonio Iervolino che vanta l’unico collegio quasi sicuro dell’Udc in Campania (a Boscotrecase-Nola, per la precisione).
Un discorso a parte, invece, va fatto per Rocco Buttiglione e Carlo Giovanardi. Il ministro dei Beni culturali se la deve vedere con il collegio di Milano 10 dove - si legge nello studio di Montecitorio - il centrodestra è sceso dal 50,9 per cento delle politiche 2001 al 46,7 delle ultime regionali. Il titolare dei Rapporti con il Parlamento, invece, in quanto a numeri può dormire sonni tranquilli perché il suo collegio di Lecco (Lombardia) sembra blindato. «Ma la verità - dicono da via Due Macelli - è che sono sulla stessa barca.

Davvero sono convinti che Casini e Follini gli perdoneranno il loro feeling con Berlusconi?».

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