Frabosa Sottana con la strada verso Artesina e Pratonevoso, val Varaita e il monastero di San Colombano di Pogliola, la valle dell'Ellero dove tanta toponomastica parla delle Masche, Roburent paese natale di Bruno Vallepiano sono lo scenario incantato del suo La pietra delle Masche (arabAFenice). Diciassette storie tra Piemonte e Liguria, tratte da testimonianze di anziani, che raccontano la tradizione di streghe, dette «masche» da maschera (colei che non rivela il proprio volto) o dal longobardo maska che sta per «anima di morto». Storie di diavoli, giganti, servan (un uomo rintanato nei boschi), gatte mannare e faje, cioè le fate assimilate come nel nord Europa agli gnomi.
Vallepiano, pur sapendo che racconti simili sono già stati pubblicati, li ripropone con passione di ricercatore, inquadrandoli in notizie storiche. Ci ricorda che nel 1486, periodo della Santa Inquisizione, valeva il Malleus Maleficarum, «manuale» contro la stregoneria redatto dai domenicani Jacob Sprenger e Heinrich Istitutor Kramer per mettere in pratica la bolla «Summis Desiderantes» di papa Innocenzo VIII. In val Casotto per esorcizzarla da presenze demoniache come quella del gigante di Piatrabruna salì fin un vescovo esorcista di Mondovì, Michele Ghislieri (poi papa).
C'è un profondo stacco temporale con le raccolte del Wolff del 1932, dedicate alle Dolomiti e riproposte vent'anni dopo nelle «Alpi» dell'editore bolognese Licinio Cappelli o con le valdostane nella stessa collana: in quei racconti il destino valeva come legge di giustizia e c'era paura, in questi 17 racconti le vicende umane sono dominate dal caso, talvolta beffardo. Si è perso il senso fosco del demonio come dimostra la vicenda di una ragazza invasata che aveva mutato voce assumendo quella di uomo e si aggirava nuda (forse per dimostrare che era comunque donna). Viene esorcizzata con la recita di un rosario in comune e guarisce come può succedere a chi sia afflitto da nevrosi. Altrettanto umana ci appare Magna Matea una vecchia che vive sola e che tre bulli vorrebbero derubare ma la sorprendono mentre nel mangiare invita i suoi quattro denti «a maciullarli per bene». Lei sottintende i fagioli cotti però li fa fuggire. Poi la vecchia sorpresa da una bufera, poiché nel suo paese nessuno le apre, sarà aiutata in uno più lontano cui lascerà l'eredità.
Storie che sembrano tratte da una quotidianità antica che non spaventa più. Anzi l'autore narra con garbato umorismo e spesso si ride come per il neonato rapito da una strega che, messa a mal partito dalla nonna, lo restituisce diventato bimba e il padre dovrà recarsi all'anagrafe con un «mi ero sbagliato».
Si ride del ragazzo attratto da una streghetta con la caviglia dolorante per una storta, che gli chiede ospitalità e sta con lui come «la calamita incontra il ferro».
Un aspetto affascinante i profumi perduti di questa società montanara: le mele renette in cantina, la polenta che borbotta nel paiolo mentre nonna racconta ai nipoti.
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