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Stupri, le donne si ribellano: boom di denunce

È un mormorio sommesso, ma continuo e regolare, che con il passare del tempo potrebbe diventare un vero e proprio grido. A Milano aumentano infatti le donne che denunciano i reati di tipo sessuale. Il dato, secondo le stime delle forze dell’ordine, si attesta attorno al + 15 per cento da circa tre anni e riguarda perlopiù le violenze sessuali in senso stretto, cioè gli stupri. Tuttavia da quando la legge 66 del 1996 ha trasformato questo crimine in reato contro la persona - raggruppando così altre forme di abuso come il maltrattamento fisico e psicologico - con questa accusa vengono puniti anche gli autori di quelle che un tempo venivano considerate semplici molestie, come i palpeggiamenti e i tentativi di violenza falliti. Sarà la pena più pesante (in Italia la violenza sessuale è punita con la reclusione da 5 a 10 anni che, con le aggravanti, possono diventare 14), saranno tutte le crociate condotte dalle associazioni che sotto la Madonnina sono particolarmente forti e, com’è immaginabile, sarà il riconoscimento dello stalking come reato. Sta di fatto che le milanesi sono diventate più coraggiose.
«Denunciare episodi antipatici ma più simili alle molestie che allo stupro è già più difficile, le donne purtroppo fino a poco tempo fa tendevano a lasciar perdere o a sopportare. Di solito, quando si rivolgevano a polizia o carabinieri, era perché proprio avevano raggiunto lo sfinimento o perché stava succedendo qualcosa di grave. Adesso ci sono operatori professionisti sensibili e appositamente formati. E anche le denunce per forza aumentano». Alessandro Giuliano dirige la squadra mobile di Milano che comprende la sezione abusi sessuali e su minori coordinata dal vice questore aggiunto Mariapia Marinelli e dal suo vice Marcello Nunziato. I loro investigatori - tre gruppi operativi di una trentina di persone specializzate nelle indagini e negli interrogatori di donne e bimbi abusati, maltrattati fisicamente e psicologicamente - è riconosciuto a livello nazionale come tra i più preparati ed efficienti e si coordina con quella struttura pilota in materia che è il terzo dipartimento della Procura di Milano, con le varie associazioni cittadine, con il Comune e con il Servizio violenze sessuali della clinica Mangiagalli: una catena formativa e collaborativa che rappresenta una grande forza.
«Che i tempi siano cambiati in una città come Milano forse lo si nota più che altrove - spiega la Marinelli -. Le donne denunciano di più non solo in qualità di abusate, ma anche come madri e insegnanti, anche perché si trovano davanti personale formato e sensibile: il maresciallo di un tempo, seppure affidabile, ero la stessa persona che si occupava, nel medesimo ufficio, anche di prostituzione. L’approccio è fondamentale per far sì che la donna, nonostante l’evento traumatico che ha subito, si apra, racconti tutto quello che è accaduto nei dettagli per favorire le indagini al massimo. E senta che c’è un “dopo” durante il quale non verrà lasciata sola, senza assistenza psicologica ad esempio».
Del successo della coordinazione in questo campo ne sa qualcosa Stefania Bartoccetti, presidente di «Telefono donna» (02-64443043/44 dalle 9 alle 17), trenta chiamate al giorno per circa 5.000 contatti l’anno e l’imminente apertura degli sportelli anti stalking all’ospedale Niguarda e all’ospedale di Lecco, che forniranno consulenza 24 ore su 24 (02-3666688).


«Il problema più grande, anche in una città all’avanguardia come Milano, è che le donne vittime di stalking molto spesso non sanno di esserlo perché non comprendono il confine tra sofferenza e privazione da una parte e l’atteggiamento persecutorio dall’altra. Molte donne confondono un vero e proprio reato con continue prove d’amore di ex mariti ed ex conviventi. E per questo non denunciano».

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