«Su Alitalia non getteremo la spugna»

Ipotesi holding leggera con gli aerei Air One in affitto

da Milano

Con tre dichiarazioni-chiave si può riassumere la giornata europea di Corrado Passera, volato a Bruxelles per un convegno ma subito risucchiato dal vortice Alitalia in un incontro con il neocommissario ai Trasporti Ue, Antonio Tajani. Ha detto Passera, riferendosi alla compagnia di cui è advisor: «È una situazione molto difficile»; «non è nostra abitudine gettare la spugna»; «cifre sugli esuberi sono premature». Nulla di nuovo, un misto di prudenza e di ottimismo. L’incontro è stato più che altro una visita di cortesia, mezz’ora, con l’intento di mantenere evidente la cornice delle norme europee, dentro la quale dovrà muoversi ogni passo del riassetto. Non va dimenticato che sui 300 milioni-salvavita erogati dal Tesoro pesa forte il sospetto di incompatibilità con le regole Ue. Tajani, in una nota, ha voluto ribadire nero su bianco: «Ho chiesto espressamente che ogni soluzione a favore del risanamento e del rilancio di Alitalia sia pienamente in sintonia con la normativa comunitaria».
A Roma continua il lavoro della squadra di Intesa Sanpaolo, impegnata su due diligence e piano industriale. Il tempo del mandato (60 giorni, con scadenza all’inizio di agosto) sarà utilizzato parsimoniosamente, ma non risulta, allo stato, che possa emergere la necessità di una proroga. I tecnici di Intesa lavorano in autonomia, senza un significativo apporto del management di Alitalia, che in questa fase appare con pochi poteri e decisamente in disparte: segno questo dell’incarico «forte» attribuito alla banca. Quanto alle notizie definite da Passera «premature», non si può non registrare un crescente rumore di fondo relativo soprattutto al numero degli esuberi, che qualcuno si è spinto a ipotizzare in diecimila («numeri dati per il caldo», ha commentato il ministro per lo Sviluppo, Claudio Scajola).
Le congetture sono mirate soprattutto sull’architettura da progettare per la nuova Alitalia; ci si chiede se Alitalia e Air One saranno fuse tout court, oppure se sarà creata una nuova holding (leggera) per il controllo delle due compagnie separate; se Air One conferirà la sua flotta oppure se la affitterà, trasformandola in una rendita. Le linee sembrano indicare una netta separazione tra «bad» e «good» company, ottenendo così gli effetti di un commissariamento senza ricorrervi formalmente: da una parte debiti e zavorra, dall’altra le attività redditizie. Idee accarezzate fin dal 2003-2004, che hanno avuto solo una parziale realizzazione con lo scorporo di Az Servizi fatto da Cimoli.
In questo rincorrersi di voci sull’«hardware» industriale, stupisce la totale assenza di indicazioni su quale sarà la missione della «nuova» Alitalia, ovvero la sua identità e il suo «software» commerciale.

L’integrazione dei due vettori rafforzerà, certo, il traffico domestico: e poi? Su che livello di mercato si focalizzerà la nuova compagnia? Come gestirà la concorrenza con le low-cost? Che cosa offrirà per distinguersi in un mercato fortemente competitivo? Quale bacino sceglierà per i collegamenti internazionali? Il Mediterraneo, il Medio Ordiente, l’Atlantico? Come sarà raccolta l’opportunità di «open skies»? Chi saranno i clienti? Non basta un riassetto finanziario e industriale, occorre un forte progetto commerciale, perché i biglietti devono essere venduti e gli aerei riempiti. Sicuramente Intesa Sanpaolo non ignora questi temi; ma senza un approccio al mercato molto forte tutti i sacrifici rischiano di venir vanificati.

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