Su D’Alema alla Farnesina le perplessità di Usa e Israele

Il neoministro promette continuità «in Europa e nell’alleanza atlantica» ma a Washington e Gerusalemme, oltre che ad Ankara, resta un osservato speciale

Alessandro M. Caprettini

da Roma

L’appuntamento è per le 9,30 di oggi. Un cambio di consegne come pochi, fino ad oggi. L’erede della tradizione missina lascia le insegne del comando a un importante successore del comunismo italiano che, dopo Palazzo Chigi, riesce a scalare anche la vetta della Farnesina, mai intascata fin qui dal Pci poi fattosi Pds e Ds.
Niente di traumatico alle viste, comunque. Gianfranco Fini e Massimo D’Alema si conoscono da una vita e spesso hanno incrociato le rispettive strade, trovandosi in sintonia - anche se non sempre piena - sul terreno della politica estera. Né pare ci si debbano attendere maxi-rivoluzioni nelle gerarchie diplomatiche, così sensibili ai cambi di stagione. Si sa che capo di gabinetto del neo-ministro dovrebbe essere l’ambasciatore Ferdinando Nelli Feroci, fino a ieri direttore per l’integrazione europea; scontato poi che cambi l’ufficio stampa (anche perché Pasquale Terracciano è stato nominato ambasciatore e andrà a Madrid a fine estate), ma lo tsunami non è in agenda.
Già in calendario i primi appuntamenti: scontato che D’Alema compia un rapido giro nelle capitali europee (Berlino, Londra, Parigi, Madrid) per presentarsi ai suoi nuovi interlocutori. E che prenda parte (27-28 maggio) a un vertice nei pressi di Vienna dei capi delle diplomazie europee, voluto dalla presidenza austriaca per fare il punto sul rilancio della Ue dopo la bocciatura costituzionale.
A quel punto seguiranno un paio di vertici in Lussemburgo - per lo sviluppo dei rapporti tra Europa e, rispettivamente, Israele, Turchia ed Egitto - e poi a metà giugno il vertice Ue di Bruxelles con cui di fatto Vienna passerà la mano a Helsinki per il semestre, in attesa che a gennaio 2007 tocchi alla Germania della Merkel.
Non c’è dunque più che una naturale curiosità per questo irrompere di D’Alema sulla scena internazionale. Qualcuno già conosce l’ex presidente diessino, altri sanno che cambierà poco nella rotta della nostra diplomazia, come lui stesso del resto si è premurato ieri di ricordare, rilevando come «la politica estera italiana si muove nel solco di grandi scelte condivise in Europa e nell’alleanza atlantica».
Ma ha soggiunto D’Alema che lui certo non si dovrà inventare nulla e che si limiterà a realizzare «quanto abbiamo scritto nel programma». E qui, in qualche capitale, già si è cominciato a indagare su quelle che potrebbero essere le sue scelte. Europeista convinto, come del resto ha mostrato anche nella sua breve permanenza all’Europarlamento, D’Alema non pare possa reclamare la stessa sintonia dei suoi predecessori con l’amministrazione Bush. A Washington ben conoscono le sue resistenze all’intervento in Irak e le sue renitenze all’impiego delle nostre forze armate. Non è tutto. L’amministrazione repubblicana rimase colpita dal fatto che proprio con lui a palazzo Chigi il famoso «dossier Mitrokhin» inviato a Roma dagli inglesi, rimase chiuso per mesi e mesi nei cassetti dei nostri servizi. Ma non per questo lo pensano un nemico. E comunque è da mettere in conto che un faccia a faccia con gli americani per D’Alema, non è lontano: a Schloss Hof, vicino Vienna, è in calendario per il 21 giugno un vertice Ue-Usa cui George Bush ci sarà.
Interessati alle sue mosse sono specialmente i governi di Ankara e Gerusalemme: i turchi avevano in Berlusconi un interlocutore molto attento mentre non dimenticano che D’Alema era premier quando venne arrestato a Roma Ochalan e che fu il suo governo a dire «no» all’estradizione del leader del Pkk. Ma sono gli israeliani a lasciar trapelare impazienza: col governo Berlusconi la linea filo-palestinese della nostra diplomazia ha virato verso Gerusalemme.

Ma ora che al governo ci sono Rifondazione, Verdi e Pdci? Si attende di mettere alla prova il neoministro. Anche sulla sua capacità linguistica. Il francese lo parlicchia (in seconda media fu rimandato), l’inglese - a quanto pare - poco o nulla.

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