Su Tv egiziana lezioni di martirio ai bambini

Su una televisione del Cairo programmi parareligiosi per tutti i gusti, comprese parabole per aspiranti kamikaze

dal Cairo

Lo sheikh è in abito bianco, i bambini in allegri vestiti colorati, siedono composti e compunti: «C’era una volta, tanto tempo fa, un bimbo molto bravo, il cui papà era morto martire... e lui volle seguirne l’esempio e lo fece, ma prima uccise molti infedeli nella guerra santa contro i bizantini». Per ogni 15 minuti di qualsiasi programma, il proprietario saudita della rete televisiva Alnas (La gente) si mette in tasca 7.000 lire egiziane, mille euro.
La religione sembra entrarci molto poco in quello che appare soprattutto un gran bel business. Ciò non significa che i contenuti siano meno insidiosi o pericolosi. La televisione, che usa il satellite egiziano Nilesat, ha la sua sede al Cairo e dipendenti egiziani, ma il proprietario, dice all’Ansa un impiegato che vuole mantenere l’anonimato, è Mansur ben Ali ben Kadasa, vicepresidente dell’Associazione saudita per l’informazione e la comunicazione e membro della shura, la Camera alta. Non è chiaro se il proprietario sappia quali programmi vanno in onda o se se ne preoccupi.
«Siete i benvenuti sui nostri schermi», è la scritta che accoglie i telespettatori, ai quali sono offerti tutti programmi sull’Islam. Prediche, consigli, fatwa (decreti religiosi), ce n’è per tutti i gusti. Sul sito internet della televisione (alnas.tv) è presentato un sondaggio fatto su 29.899 persone, «il 96% ha visto questo canale, il 6% (sic) no».
«Nessuno sa chi sono questi “sheikh”, che titoli hanno per parlare?», scrive una ragazza su una chatroom su internet, sottolineando che una volta si è presentato a predicare un ragazzo di 18 anni. «Lo sheikh Mohammed Hassan ha chiesto a tutti di mandare un Sms a sostegno di Maometto, ma che vuol dire? Come si fa a esprimere amore per il profeta con un Sms?», afferma un altro. «Non ci sono dubbi che sia una televisione wahabita (la confessione islamica radicale saudita, ndr) e approfitta dell’ignoranza della gente che si nutre solo dell’informazione televisiva», scrive un altro.
«Basta avere i soldi e si può fare il programma», dice un presentatore. «Gli sheikh vengono pagati molto bene», aggiunge. Pubblicità e un programma di televendite contribuiscono alle rendite del canale.
Ma non si predicano solo sciocchezze. Ci sono anche idee molto pericolose. Lo sheikh Mohammad Nassar il 15 giugno ha fatto lezione ai bambini sulla parabola del piccolo islamico che si sacrifica per rispondere all’appello alla guerra santa: «Un bambino che ha avuto la giusta educazione nella fede, ama il martirio, lo cerca e non può mai rinunciarvi».
Mentre lo sheikh, Mohammad Sharaf al Din, racconta un’altra storia: quella di una donna ebrea che invita a pranzo Maometto e lo mette alla prova, avvelenando la carne d’agnello. Se fosse stato un profeta se ne sarebbe accorto: e l’agnello risorge proprio mentre Maometto sta per fare il primo boccone. Gli «ebrei sono traditori», è l’insegnamento della parabola secondo lo sheikh.


Un altro sheikh che compare sulla rete è il radicale Mohammed Hussein Yacoub. «L’ho sentito una volta - dice una ragazza velata, ma con una cultura di moderazione - mi ha spaventato... io per quelli come lui sarei condannata all’inferno».

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