In piazza Duomo come 30 anni fa, quando cantava Je so pazzo sul sagrato affiancato da De Piscopo, Senese e gli altri. Dopodomani Pino Daniele sarà ancora qui, sul megapalco di «Radio Italia» insieme ai big nazionali come la Pausini, Tiziano Ferro, Max Pezzali eccetera. Domani sera, però, sarà tutto per lui il Teatro degli Arcimboldi dove presenterà i brani dellultimo disco «La Grande Madre». Oltre, naturalmente, ai classici del suo immenso repertorio.
Milano è da sempre una tappa irrinunciabile delle sue tournée, anche se in un brano cantava «Accidenti a questa nebbia»...
«Ma no, Milano è una capitale del mercato musicale e qui mi sono sempre sentito più vicino allEuropa. Alla festa di Radio Italia poi ho aderito con entusiasmo perchè 30 anni fa, quando è nata, io cero eccome. E anche perchè dialogare con altri musicisti fa parte della mia cultura e credo che possa insegnare molto ai giovani».
Domani agli Arcimboldi sarà affiancato, così nellalbum e nei progetti degli ultimi anni, da musicisti stranieri. In Italia di strumentisti validi non ce ne sono?
«Certo che sì, ma quelli che cerco io per le mie collaborazioni non sono soltanto stranieri, ma musicisti particolari che hanno suonato con i big della musica mondiale. A Napoli cè un detto: fattela con chi è meglio di te e fagli le spese...»
Lo conosco. A proposito: molti sostengono che in napoletano componeva molto meglio che in italiano, eppure è una lingua che ha completamente abbandonato nelle sue canzoni. Perchè?
«Non cè un perchè. Uno nelle canzoni racconta sè stesso, quello che gli accade, si viaggia nel mondo e i cambiamenti sono inevitabili. Limportante, secondo me, è mantenere un proprio carattere. Anche in passato ho scritto dei brani in italiano ma che avevano unanima fortemente napoletana, pensi a Quando scritta con Massimo Troisi. Poi ho anche pensato: meglio voltare pagina perchè poesie così belle non mi sarebbero più venute...»
Nei vecchi album, diciamo fino alla fine degli anni 80, dava però anche molta più importanza alla musica, agli arrangiamenti, agli assoli. Poi che è successo?
«Non cè nulla di studiato a tavolino, semplicemente ho seguito la mia evoluzione, oggi ho 57 anni e allora ne avevo 30. Ma aggiungo anche che erano altri tempi e si risentiva del clima degli anni 70 in cui cerano grandi scuole e la musica aveva una valenza di tipo anche socio-politico. A Napoli si suonava tanto ma al Nord cerano De Andrè, la Pfm, gli Area, i New Trolls, il Banco. Oggi invece allaspetto musicale si dà molta meno importanza».
È un bene o un male?
«Ovviamente un male, ma per fortuna esistono i concerti e i giovani la musica vengono a sentirla dal vivo, anche se il prodotto disco è finito. Sono i corsi e ricorsi, però la musica non muore. Anche ai tempi di Beethoven non esistevano i dischi e si andava soltanto ai concerti...».
Chi sono secondo lei, in Italia, i talenti musicali di oggi?
«Adesso tra i giovani esiste un altro tipo di talento che è imparagonabile anche perchè oggi per la musica esistono molte meno opportunità. Oggi vedo tanti bravi interpreti molto validi tecnicamente, come il giovanissimo Casillo o la stessa Emma, ma parliamo di cantanti che hanno sempre bisogno di autori, mentre manca completamente una scuola di nuovi cantautori. Di bravi che oggi compongono canzoni mi vengono in mente solo gruppi non più giovani, come Negrita, Litfiba o Negramaro».
A Milano abita il suo ex batterista Tulio De Piscopo che qui ha una scuola. Lo chiamerà?
«Per la verità è tanto che non ci sentiamo, anche se nel 2008 abbiamo fatto assieme una tournèe-revival con tutto il repertorio degli anni Ottanta. È stato bello ma è finita là».
E tra gli altri della vecchia guardia, da James Senese a Tony Esposito, con chi è rimasto in contatto?
«Beh, ho mantenuto un bel rapporto damicizia con Enzo Avitabile e Rino Zurzolo.
Lui con la musica è rimasto un «duro e puro»...
«Ognuno fa le sue scelte»
Qual è, tra le sue canzoni, quella a cui è più legato?
«Ce ne sono diverse, da Quando a Io per lei, ma forse in testa metterei Napule è...».
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