Sull’ex Cirielli arriva il secondo no del Csm

Per i magistrati le modifiche «riducono ma non eliminano» l’impatto sulla prescrizione

da Roma

Un altro pronunciamento del Csm, un altro no alla ex-Cirielli. Le modifiche introdotte alla Camera, sostiene Palazzo de’ Marescialli, «riducono ma non eliminano» l’impatto negativo sulla prescrizione dei processi. È stata la presidenza della Repubblica, dopo l’approvazione dell’emendamento dell’Udc, a chiedere al Consiglio superiore di aggiornare il suo parere sulla legge, fornito il 25 ottobre. E così, ecco la seconda bocciatura: i cambiamenti apportati, afferma la sesta commissione, «hanno effetti certamente rilevanti», restano però «le ricadute organizzative» e l’eventualità «di riflessi costituzionali».
Il nuovo parere è stato approvato con i quattro voti a favore dei membri togati. Assente il laico dello Sdi, Gianfranco Schietroma, mentre il consigliere di Fi, Giuseppe Di Federico, ha abbandonato i lavori, contestando la competenza del Csm a esprimersi su una riforma del Parlamento e polemizzando con il Quirinale. «Ciampi ha contraddetto la seconda carica dello Stato convalidando una prassi non giustificata dalle norme esistenti. Ricordo che Pera a maggio ha scritto al vicepresidente del Csm, Virginio Rognoni, sostenendo che il Consiglio non può comportarsi come una terza Camera. Il Csm si era già espresso a febbraio sulla Cirielli». «Terza camera, ma quando mai - replica Rognoni -. Il nostro parere è rivolto al ministro della Giustizia che può tenerne conto o no, non essendo vincolante. Bisogna eliminare dal confronto dichiarazioni che sono pietre pesanti».
La questione doveva essere discussa dal plenum la settimana scorsa, ma il dibattito era saltato perché i consiglieri del centrodestra avevano fatto mancare il numero legale.

In quella occasione erano stati presentati degli aggiornamenti che tenevano conto dell’emendamento dell’Udc e che nella sostanza sono stati recepiti nel nuovo testo: «La modifica ha effetti certamente rilevanti» sulla prescrizione sui processi, ma restano «profili di significativa incidenza sulla organizzazione degli uffici, derivanti dalla necessità di riprogrammare le udienze già fissate, con i conseguenti adempimenti procedurali». Da qui le «ulteriori ricadute sul piano organizzativo» e la necessità di «un’attenta valutazione degli eventuali riflessi costituzionali».

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