Sulla scuola di via Quaranta il ricatto dei genitori islamici

«Iscriviamo i nostri figli più grandi alle medie statali se le elementari tornano nell’ex fabbrica». E il provveditorato dice sì

Un colpo di mano, quasi un ricatto. È quello tentato dai genitori islamici degli alunni di via Quaranta, la scuola da tempo al centro di feroci polemiche. Un colpo al cerchio e uno alla botte che non può stupire.
La soluzione per i bambini islamici di via Quaranta sarebbe infatti un compromesso all’italiana: i bimbi delle elementari torneranno a scuola oggi, in via Quaranta nello stesso stabile dichiarato inagibile, a condizione però che gli alunni più grandicelli si iscrivano alle medie statali. Il singolare accordo sarebbe stato «siglato» fra le famiglie egiziane e la direzione scolastica regionale. Da oggi l’ex fabbrica di via Quaranta diventerebbe una scuola «autorizzata» e su esplicita dichiarazione della direzione scolastica regionale. Come se il problema sollevato sulla scuola islamica fosse stato solo di natura igienico-sanitario e non di carattere didattico: in quella struttura non c’erano il rispetto di quanto previsto dalle leggi dello Stato in materia di istruzione. Motivo che ha spinto alla chiusura dell’ex fabbrica trasformata in scuola coranica.
Ma ieri il colpo di scena, dopo che il previsto ingresso dei ragazzini delle medie in scuole statali era fallito: solo due su 30 si sono presentati per iniziare le lezioni. Intanto veniva recapitata una lettera al prefetto Bruno Ferrante e alle autorità con l’annuncio che sarebbe stata riaperta la scuola di via Quaranta. Colpo di mano che avrà però vita breve: la prefettura ha tutti gli estremi per porre i sigilli a un istituto considerato illegale. «Trovo sconcertante - ha dichiarato ieri l’assessore comunale all’educazione Bruno Simini - che queste persone si siano permesse di minacciare di riaprire una scuola da noi dichiarata inagibile. Dovrebbero chiedere scusa e comunque spero che recuperino la capacità di dialogo e di accettare una soluzione di legalità». Che non è certo aiutata dall’offerta della direzione scolastica regionale con l’opzione della scuola autorizzata.
Va detto, a questo proposito, che le scuole autorizzate sono esplicitamente previste da un decreto legge del 1994. Le disposizioni di quel decreto erano rimaste in vigore nonostante la legge 62 sulla parità scolastica del 2000. La stessa legge impegnava il ministero entro tre anni a «proporre il definitivo superamento delle citate disposizioni», ma dopo cinque anni non è cambiato nulla. «Abbiamo assunto un provvedimento del tutto legittimo - spiega Antonio Zenga, vicedirettore regionale -. I requisiti richiesti a cui devono attenersi in questo tipo di scuola sono: svolgere le lezioni in locali idonei, impiegare insegnanti con titolo di studio adeguato, seguire programmi di studio compatibili con quelli italiani. In cambio però i ragazzini delle medie devono frequentare le scuole statali». Ma il «cambio» non c’è stato.

E, comunque, in quella struttura anche se resa igienicamente agibile non c’è la certezza di «programmi di studio compatibili con quelli italiani», anche se ci sarebbe la disponibilità di docenti italiani in pensione a prestare la loro esperienza per insegnare nella scuola «autorizzata».

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