Sussurri di nuovi complotti ma non chiamatelo ribaltone

I numeri facevano prevedere il cambio. Non è stato ribaltone ma semplice staffetta. L’Inter stava rallentando molto, troppo rispetto all’anno scorso. La Roma stava accelerando continuamente. È successo. Sono rimaste in due a giocarsi il titolo, il Milan non c’entra, ogni volta promette ma non mantiene, Leonardo critica il comportamento del pubblico, già demotivato, e non della sua squadra sempre più pigra. Josè Mourinho scopre il ruolo del comprimario, il suo ego deve fare i conti con una nuova realtà, soprattutto deve confrontarsi con il vecchietto di settant’anni che non sa parlare una parola di inglese, al secolo Claudio Ranieri. Sembra uno scherzo di primavera, di sicuro è la pernacchia sulla faccia dei dirigenti della Juventus che avevano licenziato il tecnico capolista attuale ritenendolo non adatto al fantastico «projetto» bianconero.
La Roma capoccia può far perdere la testa ai suoi tifosi e alla capitale intera, secondo tradizioni conosciute e ribadite. Questo è il pericolo vero che corre Ranieri, l’eliminazione dall’Europa league ha tolto un carico importante rispetto ai campioni. L’Inter seconda deve correggere la spocchia del suo silenzioso allenatore e pensare che nei prossimi dieci giorni molto, se non tutto, si deciderà in tre tornei diversi, contro la Fiorentina domani sera in Tim cup; contro la Juventus nell’anticipo di campionato, venerdì; contro il Barcellona, martedì venti. Ma la pressione psicologica riguarda maggiormente la neo capolista che nel prossimo turno avrà il derby, già conoscendo il risultato di Inter-Juventus.
Siamo di nuovo punto e a capo, a cinque giornate dal termine. Il gioco a due è aperto, basta poco per ribaltare la situazione. L’Inter è impressionante quando aumenta la velocità e la sua fisicità sull’avversario ma è anche vittima di strane amnesie difensive e di un cocciuto capriccio: Balotelli parte sempre dalla panchina, Quaresma è un bacalao portoghese pagato come una aragosta e puntualmente premiato con spiccioli, inutili, di partita. Questo è il momento di mandare in campo i marines e non i soldati semplici, ribadendo che la forza della squadra campione d’Italia non può essere messa in discussione in quest’ultima fetta di stagione. Le ultime voci di dentro sussurrano di un nuovo complotto: dopo aver spinto il Milan, adesso il Palazzo spingerebbe la Roma. Si potrebbe controbattere che, mentre gli altri spingevano, gli interisti, o meglio il loro leader in panchina, hanno continuato a chiedere allo specchio chi era la più bella del reame. Dicono che questo finale rilanci il campionato. In verità il livello della cifra tecnica è mediocre, guardando sabato sera «el clasico» di Spagna tra Real Madrid e Barcellona ci si è accorti, se ce ne fosse ancora bisogno, della differenza qualitativa tra la liga e il nostro torneo. Fino a qualche mese fa la Roma della famiglia Sensi era considerata una società sull’orlo della disperazione, costretta a vivere al margine. Il club ha cambiato l’allenatore, ha assunto un nuovo dirigente (entrambi di derivazione bianconera!), ha assunto Toni, ha recuperato Totti e ora raccoglie gli interessi dovuti.

Per il momento basta e avanza ma il messaggio in circuito deve essere chiaro: l’Inter non è finita; a differenza del suo passato prossimo, ha il carattere necessario e gli uomini giusti per riemergere, in Italia e in Europa, sempre che non viva di lamenti infantili o di scelte sbagliate. Il calcio non ammette il bluff a lungo termine.
In caso contrario qualcuno dovrà presentarsi per pagare il conto.

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