Adalberto Signore
da Roma
Silvio Berlusconi non arretra di un passo. E nonostante una certa prudenza degli alleati sul caso Unipol, continua con i suoi affondo quotidiani sul «sistema di potere delle coop».
Dossier. Lo fa dagli studi di DopoTg1, ma pure da Palazzo Grazioli dove ieri si è discusso della questione Unipol in più d’una riunione e s’è deciso di preparare un vero e proprio dossier sul mondo delle coop rosse. Un volumetto da pubblicare alla fine della campagna elettorale, probabilmente nella prima settimana di aprile, nel quale raccontare i legami tra le cooperative e i Ds. Un’idea che il premier ha maturato all’indomani della sua visita in Procura, convinto che «la vicenda Unipol è solo la punta dell’iceberg del perverso intreccio tra affari e politici di sinistra». «Molti imprenditori dell’Emilia Romagna o della Toscana - ha detto più d’una volta ai suoi - mi hanno detto: “Silvio, vorrei schierarmi con te, ma se lo faccio qui la Cassa di Risparmio mi chiude i rubinetti del credito”». Insomma, «bisogna accendere i riflettori su tutto il sistema di potere che ruota intorno alle cooperative» e per farlo sono stati mobilitati tutti i parlamentari azzurri che dovranno far pervenire «segnalazioni utili» dal territorio. «Mandatemi una lettera, un bigliettino o una mail - è l’invito del premier - poi io farò in modo di approfondire le singole vicende». Il tutto sarà poi convogliato nel dossier.
La strategia. Berlusconi, dunque, non ha alcuna intenzione di lasciare la presa e «contro la sinistra» è deciso a usare «gli stessi argomenti che loro hanno usato contro di me, a partire dalla storia del conflitto di interessi». Secondo il premier, infatti, «i sondaggi dicono che questa campagna sta pagando». «Gli elettori dei due poli - ha detto ai suoi - sono ormai consolidati, questo lo so. Ma in questo modo possiamo togliere alla sinistra i voti potenziali, cioè quelli che potrebbero arrivare da una parte di quel 30% di indecisi che ancora ci sono. Noi dobbiamo concentrarci su questi indecisi e, con la denuncia del sistema di potere delle coop, scoraggiarli». E ieri, davanti ai cronisti, ha rilanciato perché «la mia deposizione» di fronte ai magistrati «è stata confermata» nei colloqui che i giudici hanno avuto con altri testimoni. «Se questo è infamare...», ha aggiunto ironico. Poi, la stoccata a Romano Prodi (che aveva definito «false» le sue denunce): «Ha fatto propria la regola della casa della sinistra di estrazione comunista che è quella di insultare e offendere sempre. Come si può votare uno come lui?». «Su Unipol - ha detto ancora - c’è un festival dell’ipocrisia per cui si vuol far credere che ci si incontra con un signore di 81 anni (il numero uno di Generali, Bernheim, ndr) per parlare di sport».
Telecom. Sulle ultime notizie riportate da alcuni quotidiani sui 300 milioni di euro movimentati da Consorte, Berlusconi preferisce glissare: «Non voglio dire né pensare nulla». No comment anche su Telecom: «Non ne ho mai parlato e non ho niente da dire».
Par condicio. Il premier torna anche sulla par condicio e si dice certo che il richiamo di Ciampi non fosse rivolto a lui. «Guardando tutte le partecipazioni tv dei leader della sinistra - spiega - si vede che il presidente del Consiglio ha lavorato e quando si porta la croce non si ha tempo per cantare». E aggiunge: «Stamattina non sono andato da Costanzo perché non ha fatto in tempo. E sono cinque anni che non vado...».
Tridente. L’appuntamento che non salta, invece, è quello con Clemente Mimun e il DopoTg1, dove Berlusconi si dice sicuro che le «tre punte» non rappresentino affatto un freno ma siano un vantaggio (così «rischiamo di fare più gol»).
Opposte visioni. «Non ho alcun dubbio - aggiunge - che il centrodestra si affermerà alle prossime elezioni» perché se gli elettori «consegnassero» il Paese all’Unione «avremmo una democrazia malata e condizionata». Concetto espresso con toni più forti già qualche ora prima, in una lettera all’associazione femminile «Valori e libertà». «È il momento di far capire a tutti - scrive Berlusconi - che quello che ci attende non è solo un confronto elettorale ma lo scontro decisivo tra due opposte visioni del mondo». Quanto ai sondaggi che danno in testa l’Unione, il premier ribadisce le sue perplessità: «Quelli di cui ci fidiamo ci danno praticamente alla pari».
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