In un momento di grave crisi economica come questo la nostra regione rischia di pagare a caro prezzo la totale assenza di una programmazione complessiva di interventi sul settore turistico, che al contrario dovrebbe essere il fiore allocchiello delleconomia laziale. Infatti alla cronica mancanza di infrastrutture si va ad aggiungere una gestione delle risorse disponibili totalmente priva di una strategia che consenta uno sviluppo organico del territorio. Lamministrazione regionale in questi anni non è stata in grado di valorizzare il patrimonio storico-artistico, preferendo elargire finanziamenti a pioggia, senza tener conto delle specificità di ogni provincia. Il risultato è che si è pensato di uscire dalla crisi approvando durante lultima finanziaria regionale un pacchetto di 270 milioni, secondo Marrazzo sufficienti a superare la tempesta, con interventi sulle Pmi assolutamente inadatti a sostenere la crescita. Ma per il settore turistico-alberghiero non sono previsti interventi. E i pochi finanziamenti sono stati canalizzati in modo da privilegiare in alcuni casi territori «amici», piuttosto che intervenire laddove è veramente necessario. È il caso del bando fatto dagli assessori De Angelis e Mancini e relativo allutilizzo dei fondi Cipe per il commercio e il turismo, circa 8,5 milioni di euro, destinati solo ai Comuni della provincia di Viterbo e del nord di Roma. Nonostante il bando riguardasse i sistemi turistici locali e gli itinerari paesaggistici, enogastronomici e turistici si è deciso di privilegiare solo una parte del territorio regionale, escludendo le province del basso Lazio. Stesso discorso se si pensa ai 5,5 milioni di euro stanziati dallassessore Mancini per la riqualificazione e il potenziamento della ricettività delle zone montane del Lazio. Anche in questo caso si è scelto di finanziare solo alcuni comuni montani. Questi sono solo alcuni degli esempi di come si decidano priorità di interventi in modo del tutto parziale. Ci sono interi territori, come la Ciociaria, a cui vengono negate opportunità di sviluppo. Lo dimostrano gli ultimi dati Istat sulla crescita delloccupazione, che vedono la provincia di Frosinone con una crescita pari a zero, rispetto al dato regionale del +2,1 %, con un significativo -4,3% nel settore terziario. Questo vuol dire che ci troviamo di fronte ad una grave emergenza occupazionale e a imprese che sono costrette a fallire. E anche in questo caso, la Regione non è in grado di sfruttare le opportunità esistenti, come invece accade altrove. Basti pensare a quello che succede nel settore tessile, e segnatamente nel distretto industriale della Valle del Liri, nel quale sono presente migliaia di imprese alle prese con licenziamenti causati dal ridimensionamento di alcuni mercati. LUe ha istituito un fondo specifico di adeguamento alla globalizzazione di 35 milioni di euro proprio per i lavoratori del settore tessile licenziati. Di questo fondo hanno beneficiato 900 imprese e 6.000 lavoratori italiani di quattro regioni (Sardegna, Piemonte, Lombardia e Toscana). Il Lazio è riuscito a perdere anche questo treno.
Questo è il segno evidente di una classe dirigente totalmente incapace di governare una regione che ora più che mai ha bisogno di idee nuove e persone in grado di realizzarle.(*) Coordinatore regionale e capogruppo di Forza Italia alla Regione
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