La dolorosa scomparsa di Paolo Sylos Labini lascia un grande vuoto non soltanto nel campo della scienza economica italiana e internazionale ma, soprattutto negli ultimi anni, anche in quello più appassionato e combattivo della lotta intellettuale ed etico-politica di una fierissima opposizione al centro-destra. In questo Sylos Labini si sentiva in un certo senso erede di Gaetano Salvemini anni Venti e, forse, di intransigenze diverse e daltri tempi.
Paolo Sylos Labini è stato comunque uno dei maggiori economisti italiani della generazione emersa nel secondo dopoguerra, insieme ai Sergio Steve, ai Giorgio Fuà e poi, via via, ai più giovani Siro Lombardini, Nino Andreatta ed altri. Tutti e sia pur variamente di sinistra, della sinistra democratica. La prima fondamentale opera di Sylos Labini era stata unimportante e molto innovativa Teoria delloligopolio che, dopo le prime edizioni italiane, era stata accolta nella prestigiosissima collana dellUniversità Harvard, anche per il favorevole giudizio di Joseph Schumpeter, il grande e teoricamente «tragico» maestro austriaco del quale lo stesso Sylos Labini aveva potuto essere allievo in America. Lo schema di oligopolio di Sylos Labini era fondamentalmente basato sulla rilevanza decisiva delle «barriere allentrata» e sulla conseguente formazione dei prezzi mediante lapplicazione di un «mark-up» ai costi.
La sua concezione delleconomia politica propendeva indubbiamente verso elementi teorici del marxismo, ma altrettanto peso vi aveva appunto Schumpeter, del quale pubblicò con unampia introduzione la prima edizione italiana della fondamentale Teoria dello sviluppo economico. Il suo quadro di riferimento era precisamente una concezione delleconomia come «processo circolare» che era infatti sia di Marx sia di Schumpeter, cioè della concezione storicistica di questultimo profondamente influenzato dal primo, al di là delle premesse marginalistiche della scuola austriaca.
La bibliografia scientifica di Sylos Labini è molto ampia e si è continuamente arricchita anche negli anni più recenti, con una passione non inferiore a quella che profondeva nel suo «sdegno» civile e politico. Importante anche dal punto di vista della nostra politica economica negli anni Sessanta rimane un saggio scritto insieme a Giorgio Fuà, Idee per la programmazione, in unepoca in cui la cosiddetta programmazione globale in Italia, introdotta dal centro-sinistra (di allora) con il governo di Aldo Moro e i socialisti al governo, prima con il ministro Antonio Giolitti, poi con Giovanni Pieraccini e Giorgio Ruffolo segretario della programmazione stessa, andava verso una crisi di metodo e appunto di idee. Si sarebbe poi parlato di programmazione contrattata e addirittura di contrattazione programmata. Molto importante resta anche il contributo di Sylos Labini allanalisi moderna di un tema classico delleconomia politica e della sociologia, con il suo Saggio sulle classi sociali, per un sistema sviluppato e passato, come il nostro, da economia prevalentemente agricola ad economia industriale, verso una società postindustriale di servizi.
Per questo e per molto altro, per uninesauribile curiosità e passione scientifica, la scomparsa di una personalità di alto livello sia italiano sia internazionale come Paolo Sylos Labini lascia un grande vuoto e unaltrettanto grande eredità intellettuale. Anche uneredità di affetti che la commozione non mi impedisce, anzi mi impone, di esprimere.
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