«Taglieremo i fondi Ue se Hamas non mostrerà la volontà di trattare»

Il vicepresidente della Commissione europea: «Non vogliamo interferire nella politica palestinese, ma la “road map” va rispettata»

Alessandro M. Caprettini

da Roma

Un ricatto? «Ma per carità!» si scandalizza Franco Frattini, vice-presidente della Ue e commissario su diritti civili, libertà e giustizia. Ma è certo che se il nuovo governo palestinese - qualsiasi esso sia - dovesse deviare dalla road map, è da mettere in conto che l’Europa possa e debba chiudere i rubinetti del cospicuo foraggiamento economico all’Anp.
Al telefono da Bruxelles, dove assieme agli altri componenti della commissione ha fatto il punto sulle elezioni con un occhio puntato sui voti di Hamas, Frattini nota che la Ue «ha il dovere di chiedere il rispetto degli accordi stipulati a suo tempo da Arafat. Se l’Anp a questo punto cambiasse rotta - rileva - mi pare scontato che troverebbe serie difficoltà».
Insomma, lei vede possibile che la Ue blocchi i trasferimenti di danaro all’autorità Nazionale Palestinese...
«Io dico che questo è un punto molto delicato che già in queste ore sta affrontando la collega Ferrero-Waldner. I nostri progetti, compreso il danaro che inviamo all’Anp, si basano sulla volontà palestinese di un confronto pacifico con uno Stato, Israele, che fin dalla metà degli anni ’80 Arafat di fatto riconobbe, cancellando dalle parole d’ordine di Fatah la richiesta di una sua distruzione. È evidente che nel momento in cui l’Anp si rimangiasse quel riconoscimento, non potremmo non riconsiderare il nostro ruolo».
E dunque taglio dei fondi.
«Non sono d’accordo nel presentare la questione in questo modo. Vorrei che emergesse di più il fatto che siamo disposti a proseguire nei finanziamenti, di cui l’Anp ha bisogno, a patto che si manifesti, da parte del nuovo governo, la stessa volontà di quelli precedenti di proseguire nella trattativa».
Formalmente cosa prevede il copione? Sarà la commissione europea a muovere per prima?
«No, nessun passo formale è in agenda. Noi, dopo elezioni che si sono svolte democraticamente in modo più che accettabile, attendiamo che venga formato il nuovo governo dell’Anp e riteniamo del tutto inopportune interferenze nelle decisioni del Parlamento palestinese. Poi vedremo quanto accadrà. Sapendo, e voglio sottolinearlo, che Abu Mazen ha bisogno del nostro supporto. Ebbe il coraggio, da presidente del Consiglio quando ancora c’era Arafat, di affermare che occorreva prendere le distanze dai terroristi. Non possiamo certo lasciarlo da solo ora, in questo frangente».
Alcuni osservatori, da Gaza e dai territori, non escludono alla fine una intesa tra Fatah ed Hamas. Lei crede alla possibilità che il partito ultraislamico possa convertirsi alla road map? Condoleezza Rice, in queste ore, fa sapere di ritenerlo tuttora un soggetto sostenitore di progetti terroristici...
«Difficile oggi pensare, a soli 2 anni e mezzo dal suo inserimento nella lista nera, che Hamas possa avere ripensamenti. Proprio il suo successo del resto l’ha costruito invocando la distruzione di Israele. È vero che 20 anni fa Craxi riuscì a convincere Arafat ad eliminare dallo statuto di Fatah la cancellazione dello Stato ebraico, ma oggi - pur in presenza delle rinunce israeliane su Gaza ed i territori - Hamas predica la violenza, esalta gli attentati suicidi... In tutta franchezza, io questa possibilità di un cambiamento rapido non è che la veda all’orizzonte».
Per cui...?
«Noi non abbiamo alcuna intenzione di interferire in scelte interne che toccano tutte ai palestinesi. Abbiamo però il diritto di chiedere il rispetto dei patti che sono scritti nella road map e questo faremo. Collaborazione pacifica e negoziato sono i pilastri che non possiamo permettere siano minimamente toccati, altrimenti saremo costretti a rivedere le nostre posizioni. Mi pare pacifico».
Presidente Frattini, in questo quadro non torna in qualche modo d’attualità l’ipotesi che Israele possa avvicinarsi ancor di più alla Ue?
«Ma è evidente. Sia Israele che Anp hanno più che mai bisogno dell’intervento di una Europa che ha a questo punto un maggior ruolo da giocare, sotto mille aspetti. Anche se non siamo e non vogliamo essere una autorità di tutela».


Parlavo della possibilità che a Gerusalemme, dopo l’apertura alla Turchia, possano decidere di chiedere l’adesione alla Ue...
«Nel momento in cui Israele dovesse avanzare una simile richiesta non credo l’Europa potrà far finta di essere sorda. Noi ci siamo, l’Europa c’è. Per Israele e per i palestinesi. Ma prima tocca a loro...».

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