Monumenti degradati, marciapiedi inesistenti e targhe alla memoria sepolte dietro pile di automobili parcheggiate in tripla fila o alla rinfusa qua e là. E' una cartolina dal degrado quella che arriva da via Burlando, sulle alture di Genova. Degrado che non riguarda solo i monumenti ma che ha anche una ricaduta sulla cura del quartiere, dove non c'è l'ombra di una panchina né di un parco per i bambini che qui giocano a rincorrersi tra le auto in sosta. Due curve dietro piazza Manin e i quartieri alti della Superba, quasi due chilometri di tornanti che si arrampicano alle spalle della collina di Castelletto e poi scendono giù, verso Marassi. Qui, fuori dai salotti buoni, l'amministrazione cittadina si dimentica ancora una volta la manutenzione di targhe e monumenti ai caduti per la patria. Sono eroi di guerra dimenticati, medaglie d'oro al valor civile sconosciute ai più, che passano inosservate anche al 25 aprile, alle celebrazioni e ai giri della città a scopo elettorale del candidato di turno che non si perde mai almeno una visita ai caduti «importanti», con tanto di discorso commosso e applausi dal pubblico.
Per farsi un'idea basta fare un giro partendo da Largo Giardino, proprio dietro il tunnel che sbuca a Manin. Al secondo tornante, sulla rampa di scale che porta alla stazione della Ferrovia Genova-Casella, c'è una targa alla memoria. Per capire alla memoria di chi servirebbero un paio di cesoie ben affilate perché la lapide risulta completamente coperta dalle fronde di una verdeggiante e rigogliosissima vite del canada. L'unico tocco verde nel colpo d'occhio d'insieme visto che la corona d'alloro che tradizionalmente viene apposta vicino alle lapidi commemorative è completamente secca, praticamente un reperto. Certo, lui almeno una corona ce l'ha. E' andata peggio a Giovanni Olivieri, medaglia d'argento, caduto per la libertà nel 1944, titolare della scalinata che da via Burlando porta fino alla chiesa di via delle Ginestre. Qui, sotto la targa della via, di corone neanche l'ombra. C'è solo un gancio, nato per appenderle ma qui - come assicurano gli abitanti del quartiere - nessuno si è mai preoccupato di portarcene una. Dall'altro capo della via invece, sotto al cartello con il nome, appeso con lo scotch c'è un bel cartello "vendesi" che, trattative immobiliari a parte, come tributo non è proprio il massimo. Ma non è finita qui. Proseguendo il viaggio nell'incuria, all'altezza della scuola media trova posto un busto in marmo dedicato ad Antonio Burlando, titolare della via e della scuola retrostante. Al povero Antonio, già garibaldino e massone, una non meglio precisata «mano anonima» ha incerato il viso. Incerato nel senso che qualcuno gli ha imbrattato con della cera rossa gli occhi e la bocca.
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