Tartaglia in comunità: scelta giusta

Di Silvio Berlusconi possono piacere o non piacere molti tratti del carattere e delle opere. Ma certo nessuno può negare che si tratti di un profondo innovatore. È notorio che abbia cambiato radicalmente tutto ciò che ha fatto nella vita, dalle attività imprenditoriali, sportive, di comunicazione, fino alla politica e alle cose dello Stato. E non stupisce quindi che riesca a innovare profondamente non solo ciò che tocca, ma anche ciò da cui viene toccato, anche se attraverso un lancio a distanza. La tempestivissima e appropriatissima collocazione di Tartaglia, il lanciatore di souvenir, in una comunità terapeutica, corrisponde a questo magico effetto.
Tra gli effetti della legge 180, che ha chiuso provvidenzialmente i manicomi, c’è stato un utilizzo spaventosamente improprio del carcere e dell’ospedale psichiatrico giudiziario come contenitore della follia. È stata una delle grandi tragedie psichiatriche di questi decenni. In grandi istituti di detenzione come San Vittore di Milano o Rebibbia di Roma, ci sono decine, se non centinaia, di soggetti per i quali sono aperte cartelle psichiatriche, che assumono psicofarmaci e molti dei quali hanno una diagnosi di vera e propria psicosi, cioè malattia mentale grave. Il carcere non è per loro minimamente terapeutico e rappresenta la più inopportuna delle collocazioni, eppure le carceri sono piene di matti. Così come la vergogna degli ospedali psichiatrici giudiziari che, nonostante la loro formale chiusura, sono ancora operativi e che, salvo qualche raro caso, non rappresentano una risposta adeguata ai bisogni di un malato psichiatrico che abbia compiuto un reato.
Decine di pazienti che ho seguito nella vita, come psichiatra e anche come perito, hanno dovuto attendere anni prima che si potesse trovare una collocazione appropriata, come una comunità. La prontezza e l’appropriatezza sul caso Tartaglia ci fanno ben sperare anche per tutti gli altri detenuti. Evidentemente la clamorosità del gesto ha reso sollecita, oltre che corretta, la risposta del magistrato, ma anche del dipartimento di salute mentale che si assumerà gli oneri del trattamento. Per entrambe queste risposte, solitamente, il cammino è molto più irto di difficoltà.


La magia innovativa del berlusconismo forse ha funzionato anche questa volta e chissà che l’umana soluzione del caso non dia una sana spinta alla chiusura definitiva dei vecchi «manicomi criminali» con detenuti meno eccellenti, anche senza lanci di corpi contundenti sulla faccia del premier.

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