Tavaroli: «I vertici Telecom non sapevano»

La testimonianza dell’ex responsabile della sicurezza del gigante telefonico

da Milano

Tregua negli interrogatori degli indagati coinvolti nell’inchiesta scandalo avviata a Milano sui dossier illeciti che ha portato in carcere, il mese scorso, il funzionario del Sismi, Marco Mancini.
I tre magistrati titolari del caso, Fabio Napoleone, Nicola Piacente e Stefano Civardi, stanno «lavorando» all’udienza camerale fissata dal gip Giuseppe Gennaro per il 30 gennaio prossimo, quando le parti dovranno discutere sulla distruzione di alcuni documenti finiti agli atti degli inquirenti. Si tratta, in particolare, di parte dei dossier illeciti che l’ex capo della sicurezza in Telecom, Giuliano Tavaroli, aveva realizzato con l’aiuto, come sostiene l’accusa, dell’investigatore privato Emanuele Cipriani e con l’apporto di una rete di pubblici ufficiali, su una serie di dipendenti del gruppo.
Una vera schedatura illegale per la quale, ha ammesso lo stesso Tavaroli, «escludo che i vertici aziendali, così come il mio pari livello Bracco, fossero a conoscenza delle modalità con cui il monitoraggio delle persone da assumere sia stato effettuato».
Telecom, insomma, non sapeva come operava Tavaroli, né che accedesse a informazioni altamente riservate «comprando i favori di funzionari dei servizi segreti», come si legge nell’ultima misura cautelare firmata dal gip Gennari. E, vero o poco credibile che sia, «allo stato delle indagini - osserva ancora il giudice - non è possibile identificare alcun soggetto eventualmente compartecipe o consapevole, e dunque è d’uopo non procedere ulteriormente su questa strada».
Del resto ben altri elementi emersi nel corso dell’inchiesta hanno dimostrato, allo stato degli atti, che Telecom, quantomeno i suoi vertici, siano stati oggetto delle stesse «attenzioni» che Tavaroli riservava a dipendenti o candidati dipendenti, con finalità che gli stessi inquirenti definiscono «oscure». A parlare delle indagini illecite svolte da Tavaroli sullo stesso Marco Tronchetti Provera e sui suoi familiari sono stati gli stessi magistrati milanesi nell’ultima tornata di arresti chiesti al gip. «Il potenziale informativo, messo a disposizione del gruppo Pirelli Telecom e acquisito illecitamente mediante pratiche corruttive - si legge nelle ultime richieste della Procura - è assolutamente sproporzionato anche rispetto alle esigenze di un grande gruppo industriale.

Inoltre alcune informazioni, a esempio tutti i report che attengono ai familiari o affini del presidente di Pirelli sui quali abbondano le notizie acquisite in ambito istituzionale, sono assolutamente distonici rispetto agli interessi aziendali».

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