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Tea Party: tutti tranne Romney

L’ex governatore del Massachussets ha il vizio di cambiare idea spesso e volentieri. E per questo non piace ai Tea Party. Su Internet gira un video in cui Romney dice chiaro e tondo di essere un "progressista"

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Come al solito la "campagna in guanti bianchi", senza colpi bassi o sgambetti, è evaporata all’approssimarsi dei primi verdetti elettorali. Ora che i caucus dell’Iowa sono dietro l’angolo, l’intero circus che gravita attorno alle primarie sta scaldando i motori, spaccando il capello dei sondaggi in quattro. Nonostante il gran parlare, quasi tutti danno per scontata la feroce antipatia che divide l’ala anti-statalista e conservatrice del GOP dal front-runner Mitt Romney. Nessuno sembra disposto a perder tempo a cercare le ragioni profonde di un’inimicizia viscerale, accettata da tutti come naturale. Eppure, a voler guardar bene, questo è un fatto che avrà enormi ripercussioni nel prosieguo della campagna elettorale e, forse, nelle elezioni generali. Azzarderemo quindi una lettura di questo fenomeno, partendo dalle posizioni di molti esponenti del mare magnum definito "Tea Party”"

I teapartygiani d’oltreoceano seguono con estrema attenzione la politica ed hanno un’ottima memoria. L’ex governatore del Massachussets ha il vizio di cambiare idea spesso e volentieri, oltre ad eccellere in un’arte cara un tempo a Yasser Arafat: cambiare il messaggio a seconda del pubblico al quale ci si rivolge. Un comportamento del genere, certo non nuovo, poteva funzionare nell’era pre-Internet ma nel mondo di Youtube si trova sempre il rompiscatole che scava negli archivi e mette in giro immagini "imbarazzanti".

Il video che sta circolando da qualche giorno nella blogosfera destra potrebbe essere devastante per Romney. Niente di trascendentale: Romney che nel 2002, mentre cercava di esser eletto governatore dice chiaro e tondo di essere un "progressista". Tutto qui, direte voi? Romney si definisce "non partisan", pronto a difendere i diritti degli anziani e gli alunni delle scuole dei ghetti urbani. Niente di male, se non fosse che poco più di due anni dopo, quando puntava alla presidenza, si reinventò come conservatore, a favore del diritto alla vita, cercando di corteggiare l’elettore di destra.

Niente male come faccia tosta per uno che, quando correva per il senato del Massachussets nel 1994 dichiarò che durante l’era Reagan-Bush era un "indipendente", una sorta di bestemmia per qualunque politico del GOP. Mitt Romney, per quasi tutta la sua vita politica, quando doveva esser eletto in zone a maggioranza democratica, si è dipinto come un moderato, un quasi-socialista. Quando gli è venuto in mente di uscire dal New England blu notte, ha deciso di oscillare tra posizioni centriste e conservatrici. In Italia questo sembra un comportamento talmente comune da esser diventato quasi normale. In America cose del genere valgono un soprannome reso famoso da John Kerry nelle primarie del 2004: "flip flop". Chi si comporta così non è serio, non è eleggibile. Aggiungete a questo il peccato capitale numero 1 per i fiscal conservatives, quella fallimentare riforma del sistema sanitario del Massachussets, il "RomneyCare" usato da Obama per il suo odiatissimo (a destra) "ObamaCare" ed il gioco è fatto.

Per rimanere in corsa, Romney ha bisogno di vincere in Iowa e soprattutto nel giardino di casa, in New Hampshire.

I sondaggi dicono che entrambi gli esiti sono tutt’altro che scontati. "Anyone but Romney" il grido di battaglia di molti conservatori, potrebbe presto trasformarsi in realtà. Resta da vedere se sarà un bene o un male per il partito e per le speranze di cacciare Obama dall’ufficio ovale.

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