Mondo

"Nella guerra dei dati l'Europa è ancora l'anello debole"

"Nonostante siano gli occidentali a parlare di cyber, sono stati molto più veloci gli asiatici e, naturalmente, anche i russi, a impadronirsi di queste tecniche e a impiegarle in maniera più o meno aggressiva" spiega al Giornale.it Marianna Vintiadis, co-fondatrice di 36Brains

"Nella guerra dei dati l'Europa è ancora l'anello debole"

"La complessità di condurre un’industria al giorno d’oggi è fuori dal limite umano: i mercati varcano i confini nazionali, gli attori sul mercato si moltiplicano e le competenze necessarie sono le più svariate. Dobbiamo prevedere un sostegno alle imprese europee che supporti le loro ambizioni e limiti la loro vulnerabilità. In un mercato sempre meno avvezzo al fair play, spetta a noi avere il coraggio di difenderci giocando in attacco e sfruttando tutti gli strumenti che la tecnologia ci mette a disposizione". A dirlo è Marianna Vintiadis co-fondatrice, insieme a Antonio Giuseppe Di Pietro, di 36Brains, una nuova società di intelligence privata e investigazioni. Con una forte vocazione europea e capacità di azione globale, 36Brains si colloca, per competenza, nella nuova strategia europea di sviluppo. Già al fianco di primarie aziende italiane, fondi e gruppi internazionali, 36Brains mette anche alla portata della media imprenditoria la tranquillità necessaria per crescere e affrontare le sfide regolatorie e decisionali. Abbiamo raggiunto Marianna Vintiadis per porle qualche domanda su un tema centrale della nostra epoca, come quello relativo alla guerra dei dati.

In un anno nel quale le nazioni si sono chiuse in se stesse per fronteggiare la pandemia da Covid-19, la guerra dei dati, che invece non ha confini, né geografici né di settore, è proseguita. In che termini?

Una serie di attività che avrebbe potuto aver luogo in termini tradizionali, fisici, si sono spostati online durante la pandemia. Abbiamo assistito alla crescita di un trend che già esisteva: l’idea di passare da una guerra "fisica" a una elettronica o comunque che fa largo uso di fake news ad esempio quelle inerenti, pilotate da gruppi diverse, sulle vaccinazioni e sull’ordine dei vaccini. Una cosa che mi preoccupa particolarmente sono i deepfake: se riusciamo a far muovere le labbra in una maniera credibile, con una tecnologica sufficientemente sofisticata, non ne usciamo più. Un tema davvero importante.

"Chi sarà leader nell’intelligenza artificiale governerà il mondo". Affermava nel 2019 il presidente russo, Vladimir Putin. È così?

È una linea che i russi hanno sicuramente sposato e che considero vera, nel medio-periodo, è la traiettoria che stiamo seguendo. Ma nel lungo periodo, in realtà, non lo sappiamo: potrebbero esserci delle innovazioni delle quali non abbiamo contezza.

Spesso si dice che la Nuova Guerra Fredda viene combattuta proprio su questo fronte. Quali sono le potenze rivali maggiormente interessante in tal senso?

Nonostante siano gli occidentali a parlare di cyber, sono stati molto più veloci gli asiatici e, naturalmente, anche i russi, a impadronirsi di queste tecniche e a impiegarle in maniera più o meno aggressiva, anche nell’ambito dell’intelligence “commerciale”. Un tema che ricorre spesso. L’idea, per la maggior parte dei casi, non è quella di attaccare per creare un danno, ma quella di entrare nei sistemi per osservare, senza essere identificati per poter raccogliere informazioni. Ma la leadership non ce l’abbiamo noi.

Possiamo dire che uno dei campo di battaglia della Guerra dei dati è legata al 5G? Anche se in ambito militare e di intelligence si parla già, fa tempo, di 6g? Cosa dobbiamo aspettarci?

Si è parlato così tanto di 5G, anche in Italia che, in moltissimi Paesi, si passerà direttamente al 6G. Questo la dice lunga su quanto siamo impreparati, è una tecnologia che forse non capiamo del tutto.

Il 19 febbraio 2020 la Commissione europea lanciava la sua nuova strategia digitale. Lo spirito era quello del back in control - riprendiamoci il controllo, un po’ per colmare il grande gap con le superpotenze globali come Stati Uniti e Cina. A che punto siamo?

Molti rilevano la debolezza dell’Ue. Siamo ancora troppo divisi, ci vorrebbe un’Europa più coesa. Sfidiamo dei blocchi, talmente importanti, che se noi europei non ci coalizziamo, non ce la faremo mai, verremo completamente schiacciati. Non siamo riusciti a costruire nemmeno un colosso, i cinesi hanno il loro Amazon, Alibaba, noi non abbiamo nulla di lontanamente paragonabile. Non abbiamo social, né metodi di pagamento o marketplace, non siamo riusciti a mettere insieme nulla. Nemmeno un motore di ricerca, quando esistono motori di ricerca russi e cinesi.

Come potrebbe configurarsi la guerra dei dati nel post-Covid?

C’è una grande incognita su quello che succederà e su quando ne usciremo, non credo sia del tutto chiaro. C’è molta disparità fra un Paese e l’altro sui vaccini e questo può essere un problema. Sperando che il mondo riparta, da ottimista, allora ci troveremo nella situazione in cui saranno gli eventi che guideranno le guerre dei dati, sempre molto legate agli obiettivi dei vari Paesi.

Vediamo quello che è successo con i vaccini: non sono solo i russi ad aver attaccato i vaccini occidentali ma anche viceversa.

Commenti