Scienze e Tecnologia

Perché la guerra dei chip colpisce anche la PlayStation 5

La carenza globale di chip dal ridotto valore (spesso pari a un dollaro) paralizza le forniture della nuova PlayStation

Perché la guerra dei chip colpisce anche la PlayStation 5

La guerra dei chip in atto su scala globale per il controllo e la produzione dei microprocessori e dei semiconduttori fondamentali per tutte le industrie avanzate del pianeta sta facendo sentire i suoi effetti in maniera sempre più vistosa. Gli amanti dei videogiochi se ne stanno accorgendo da diverse settimane per la sostanziale irreperibilità della PlayStation 5, della Xbox Series X e di altre console di ultima generazione, con gli stock di questi prodotti che puntualmente si esauriscono in pochissimo tempo non appena messi a disposizione dei consumatori. In particolare, l'ultima console della Sony a sei mesi dal lancio resta un vero e proprio miraggio per moltissimi appassionati e HdBlog ricorda che "questa situazione si protrarrà ancora per diversi mesi", citando quanto dichiarato dal'ad di Sony Interactive Entertainment Jim Ryan, sorpreso dal boom della domanda per la PlayStation 5.

Al Financial Times Ryan ha dichiarato che la Sony vuole "aumentare gradualmente" le vendite della PlayStation 5 durante l'anno, ma non ha garantito che, dopo la vendita di 4,5 milioni di console a novembre e dicembre, sarà in grado di battere, a un anno dal lancio, il risultato-record di 14,9 milioni di unità vendute conseguito dalla PlayStation 4 nel 2020. E tutto a causa dell'incertezza nel mercato dei chip.

Gli effetti della pandemia

Che cosa sta accadendo? In sostanza l'esplosione della domanda globale di semiconduttori nell'anno della pandemia è andata di pari passo con una fase di graduale freno delle produzioni degli impianti più rilevanti del globo, situati soprattutto in Asia, che hanno poi dovuto recuperare in pochi mesi le commesse in eccesso, trainate soprattutto dal mercato più affamato di chip del pianeta, la Cina, prima a rilanciare una sostanziale ripresa economica dopo il Covid-19, ma anche dall'inaspettato boom della domanda di dispositivi digitali. Inoltre, il prolungamento dei lockdown e la necessità per milioni di persone di adattarsi al confinamento domestico forzato ha contribuito a scatenare un’impennata della vendita di device come i computer (302 milioni di unità nel mondo, +13% sul 2019) che ha drenato sull’industria tecnologica il grosso della domanda di chip, complice la sostanziale paralisi di altri comparti affamati di materiali così strategici come i semiconduttori. Ciò ha causato ulteriori problemi ai produttori quando a fine 2020 il mercato dell’auto ha iniziato a riprendersi, creando un vero e proprio collo di bottiglia in cui tutti i settori hanno risentito gravemente.

Quali chip mancano all'appello

Aziende come Sony sono rimaste schiacciate in questa partita, e la parallela scarsità nella disponibilità di console per videogiochi e di altri prodotti a sofisticata elettroncia come le schede video Nvidia ha portato numerosi esperti a individuare nei chip display driver la maggiore causa del blocco. Questi sono chip dal valore intrinseco ridotto, spesso attorno a un dollaro, ma che rappresentano componenti fondamentali per tutti i più complessi device tecnologici. Essi, sottolinea La Stampa, "traducono le istruzioni delle altre componenti nell’immagine che viene mostrata su un monitor, sullo schermo di un telefono o in quello di un sistema di navigazione. Se non ci sono loro tutto il resto non ha senso, e le fabbriche si fermano o rallentano, i piani di produzione vengono rivisti, i bilanci accorciati, le azioni vendute". Un vero e proprio effetto farfalla che dimostra la fragilità e la debolezza delle catene del valore della tecnologia nel momento in cui sono sottoposte a stress.

La mossa degli Usa

La domanda supera nettamente l'offerta, questioni geopolitiche come la rivalità tra Usa e Cina contribuiscono a spiazzare ulteriormente i mercati globali, la concentrazione del mercato in poche grandi società come la taiwanese Tsmc riduce l'elasticità dei produttori agli shock e questo causa un domino che si ripercuote nella vita quotidiana di milioni di consumatori. La carenza di PlayStation 5 è a suo modo un campanello d'allarme, uno schiaffo al mito della "resilienza" di cui spesso il settore tecnologico si fa vano. Per questo motivo sono diverse le aziende che hanno annunciato corposi investimenti per soddisfare in futuro la domanda sempre più crescente: tra esse la citata Tsmc e Intel, che intende rafforzare le prospettive strategiche del mercato Usa in sinergia con la volontà dell'amministrazione Biden. Ma la complessità delle foundries in cui si producono i chip impone programmazione e visione industriale di lungo periodo, e un innalzamento della produzione in breve periodo sarà difficile da conseguire. I gamer di tutto il mondo dovranno aspettare: ma i problemi della PlayStaton insegnano che tali carenze possono in futuro verificarsi per prodotti ben più strategici per la vita quotidiana delle nostre società, dominata da dispositivi ad elevata esposizione tecnologica molto spesso dipendenti da componenti tanto semplici nella loro strutturazione quanto vitali per l'oggetto finale.

Rafforzare la capacità produttiva del mercato dei chp sarà dunque un obiettivo strategico da conseguire per le grandi economie della Terra.

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