Politica

Telecom: solo martedì l’esordio di Rossi Avanti con il riassetto

Le dimissioni rientrate dei consiglieri e le lettere di Tronchetti a Draghi, Padoa-Schioppa e Letta

Marcello Zacché

da Milano

Guido Rossi non è ancora entrato nel suo ufficio di presidenza nella milanese Piazza Affari, lato nord, dove c’è la sede di Telecom Italia. Mentre nel lato ovest, dove c’è invece la Borsa, ferve l’attesa per la riapertura del mercato, per vedere come i titoli reagiranno domani all’avvicendamento al vertice del gruppo.
Rossi, che intende rimanere anche presidente della Federcalcio, è atteso da domani o da martedì. Anche se fin da ieri, prima giornata dopo la cooptazione nel consiglio e la nomina a presidente al posto di Marco Tronchetti Provera, Rossi ha stabilito contatti con la struttura e con i primi interlocutori per preparare il suo arrivo e per cominciare a svolgere il ruolo di presidente: non avrà deleghe operative, tranne il vitale compito delle relazioni istituzionali.
Vale a dire i rapporti con la politica e con le Authority che, in un gruppo che opera in regime regolamentato e in vista dell’evoluzione del collocamento della Rete, saranno un punto di passaggio fondamentale.
La gestione del gruppo passa invece nelle mani di Carlo Buora, che da amministratore delegato diventa anche vicepresidente operativo di Telecom.
E questa è la scelta che più inoltrerà, all’esterno, il messaggio della continuità: via Tronchetti, il gruppo Telecom passa nelle mani dell’amministratore a lui più vicino, fin dai tempi della Pirelli anni Novanta, la mente finanziaria e gestionale dell’intero gruppo Pirelli-Telecom. Mentre Tronchetti resta comunque il principale azionista di Telecom, tramite Olimpia e la stessa Pirelli. Per questo non c’è nessun cambiamento nella strategia. Ma solo un nuovo presidente che potrà gestire il riassetto in tutte le sedi istituzionali e di fronte al mercato.
Per questo è possibile che i titoli reagiscano bene, alla riapertura di domani. Un segnale che, se dovesse arrivare, andrebbe però interpretato come un’apertura di credito, essendo ancora tutti lì, uno dopo l’altro, i problemi di Telecom Italia, dal debito monstre di 41,3 miliardi ai ricavi stagnanti, alla saturazione del mercato di Tim.
Intanto si è saputo che sarebbero contenuti in tre lettere i motivi della decisione del presidente di Telecom di lasciare la guida del gruppo. Tronchetti avrebbe voluto informare personalmente della sua decisione il governatore di Bankitalia Mario Draghi, il ministro dell’Economia Tommaso Padoa-Schioppa, ed Enrico Letta (sottosegretario alla presidenza del Consiglio). Mentre con una lunga telefonata Tronchetti ha ieri informato il presidente della Consob Lamberto Cardia dei motivi della sua scelta. Le lettere e il colloquio con Cardia sottolineano la volontà di Tronchetti di rendere più trasparente possibile la sua scelta e la sua motivazione, legate al rispetto del mercato e degli azionisti di Telecom. Le dimissioni servono a togliere il gruppo dalla morsa di un confronto personale con il premier. Non a caso la missiva «governativa» è stata spedita a Letta e non a Prodi.
Per quanto riguarda il cda di venerdì sera, durato due ore, si è appreso che gli stessi membri del consiglio erano all’oscuro della comunicazione di Tronchetti. Emozionato e provato il numero uno di Telecom sarebbe entrato nella sala delle riunioni e senza giri di parole avrebbe comunicato le sue dimissioni, illustrando poi le ragioni. Dopo l’iniziale sorpresa il cda avrebbe chiesto a Tronchetti di recedere dalle sue decisioni, soprattutto per la spinta degli indipendenti (tra cui Domenico De Sole, Jean Paul Fitussi, Pasquale Pistorio, Paolo Baratta, Luigi Roth e con toni particolarmente accorati il professor Enzo Grilli). A condividere la decisione di Tronchetti sarebbe invece stato il presidente di Edizione Holding e azionista di Olimpia (holding primo socio di Telecom) Gilberto Benetton.
Di fronte alla determinazione di Tronchetti pare che molti indipendenti abbiano manifestato l’intenzione di dimettersi per dimostrare solidarietà al presidente.

Ma Tronchetti li ha invitati a non farlo perché questo «avrebbe comportato la decadenza di tutto il consiglio».

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