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Dopo la telefonata di un senatore Idv giudice cambia il destino di un bimbo

Il piccolo è il figlio di una esponente Idv. Quando arrivò la polizia per eseguire l’ordine della magistratura che permetteva anche al padre di vederlo, un intervento dall’alto cambiò le carte in tavola

Dopo la telefonata di un senatore Idv 
giudice cambia il destino di un bimbo

La tutela della riservatezza dei protagonisti - ed in particolare del piccolo, incolpevole oggetto della contesa - impone di non fare né nomi né cognomi. Ma per capire bene cosa sia accaduto intorno alla sorte di L. bisogna dire che la mamma del bambino non è una mamma qualunque: è una militante dell'Italia dei Valori, ed oggi è responsabile femminile dell'Idv a Latina. E proprio l'intervento dall'alto di un senatore del partito di Di Pietro - secondo quanto denuncia il padre del bambino - ha permesso alla esponente della Idv di non rispettare gli ordini della magistratura, impedendo di fatto al padre del bambino di poterlo finalmente rivedere.

A monte c'è una storia purtroppo comune: un amore che finisce malamente, il figlio nato da quell'unione che si trova al centro della disputa tra padre e madre. Nell'autunno del 2009, un'ordinanza del tribunale dei minori di Latina stabilisce che il piccolo deve essere tolto alla mamma e consegnato al papà. Ma la madre decide di non eseguire l'ordine dei giudici, e semplicemente fa sparire il figlio della circolazione.

Fino a questo punto, siamo ancora in una situazione - per quanto drammatica - già vista. Ma è quel che accade dopo che diventa di difficile comprensione, se non alla luce delle pressioni politiche di cui si legge nella lettera inviata dal padre al ministro Alfano.

Il padre, infatti, assume un investigatore privato che localizza il bambino e la madre. L'indirizzo viene segnalato alla Procura dei minori. Dal pubblico ministero parte l'ordine ai carabinieri di prelevare il bambino, ma i carabinieri non eseguono l'ordine perchè il piccolo si rifiuta. A quel punto il giudice Roberto Janniello emana una nuova ordinanza per ribadire che il figlio va preso in consegna dai carabinieri, ritenendo che «l'opposizione del minore non debba essere ritenuta una causa che impedisca l'efficacia della decisione del tribunale, rendendo altrimenti vane un gran numero di pronunce attraverso il suscitamento di un'opposizione di bambino fortemente influenzabili dalle persone che le hanno in custodia».

Ma la madre fa sparire il piccolo un'altra volta. Per due volte la magistratura ordina che L. sia affidato ai servizi sociali, ma sono ordini che cadono nel vuoto. La questura di Latina ordina le ricerche di madre e figlio, che rimangono senza esito: fino alla mattina in cui il padre viene a sapere che il figlio è a scuola. E chiama la polizia.

Gli avvenimenti successivi sono riassunti nella relazione di servizio del commissario Antonella Cristofaro, dirigente della sezione anticrimine della questura di Latina. Il funzionario racconta di essere intervenuta presso la scuola con l'appoggio della Volante, ma di avere trovato nel cortile la madre e la nonna di L. «che molto agitate mi riferivano che erano al telefono con il presidente del tribunale dei minori di Roma e che lo stesso aveva sospeso il provvedimento in argomento, chiedendo altresì che la scrivente parlasse con il magistrato dalla loro utenza telefonica. Subito dopo la scrivente si metteva in contatto con le varie segreterie del tribunale per i minorenni, riuscendo poi ad avere una conversazione telefonica con il presidente, dottoressa Cavallo, che invitava a non eseguire il decreto poiché nel giro di poche ore ne sarebbe succeduto un altro che ne avrebbe sospeso l'esecuzione. Dopo cinque minuti la sottoscritta riceveva anche una telefonata del Capo di Gabinetto della Questura che la informava di avere ricevuto una telefonata dal presidente del tribunale che chiedeva la sospensione dell'intervento poiché era in itinere un altro provvedimento». Pertanto «la scrivente richiamava tutto il personale impegnato e tornava nei propri uffici». La mattina dopo, il commissario Cristofaro scrive un appunto alla magistratura: «Il servizio non è stato concluso in quanto da intese telefoniche con il presidente di codesto Tribunale ne è stata disposta la sospensione in attesa di altro provvedimento sospensivo che, allo stato, non risulta ancora pervenuto».

Ci sarebbe da chiedersi come è possibile che un provvedimento giudiziario, assunto in camera di consiglio, dopo avere sentito le parti, venga azzerato al telefono, senza formalità, da un presidente di tribunale. E ci sarebbe anche da capire come lo stesso presidente del tribunale dei minorenni abbia convinto il giudice che aveva emesso quel provvedimento, il giudice Janniello, ad abbandonare il processo. Ci sarebbe da chiedere come mai il provvedimento sospensivo, annunciato «nelle prossime ore» dalla presidente Cavallo, il giorno dopo ancora non fosse stato assunto. E quali spinte abbiano portato ad intervenire, per bloccare l'esecuzione dell'ordine, perfino il capo di gabinetto della questura. Anche il padre di L. se lo è chiesto. E si è anche dato una risposta. Nella lettera inviata al ministro della Giustizia Angelino Alfano, il papà scrive che l'intervento della presidente Cavallo sarebbe scaturito «su sollecitazione del senatore Stefano Pedica, chiamato dalla mamma del bambino».

Cioè dello stesso senatore dell'Idv che nelle settimane scorse si era reso protagonista, affianco alla sua compagna di partito, di una martellante campagna di stampa contro il giudice Janniello, colpevole di avere consentito a un padre di vedere suo figlio.

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