Il tennis ai Giochi c’entra poco Fabretti pure

In effetti con l’Olimpiade c’entra ben poco il tennis. E Raidue si adegua. Dilettanti non ce ne sono, devono essersi detti a Viale Mazzini, per tenere alto lo spirito olimpico mandiamone uno noi. A fare le telecronache. Che poi, con tutta la buona volontà, non si possono nemmeno chiamare così. Dato che in onda vanno gli ultimi quattro o cinque giochi del set decisivo. Chissenefrega se in finale c’è Nadal, Pechino non è Wimbledon. La timida voce allo sbaraglio si chiama Alessandro Fabretti, che i tifosissimi di ciclismo conoscono come riserva di Auro Bulbarelli: infatti a lui toccano puntualmente le corsette di seconda schiera e le gare delle donne.
Per il terrore di sparare sciocchezze, mica tutti sono Tommasi e Clerici, si rifugia nelle banalità. «Siamo nella fase calda dell’incontro, quella dove non si può sbagliare»; «Nadal soffre giocatori come Djokovic, che è uno dei pochi a dargli fastidio»; «Djokovic è un giocatore molto completo, eccelle da fondo campo, ma si difende anche a rete». Valutazioni che potrebbe fare qualsiasi tennista della domenica, perfino chi non ha mai preso in mano una racchetta. Eccolo allora mettersi sulla difensiva, come un pugile alle corde, per sfogarsi con le statistiche. Peccato che i tennisti più forti siano tutti giovanissimi e il loro pedigree sia forzatamente ridotto. Ah, se giocassero ancora Pietrangeli e Rosewall. Arriverebbe dritto alle Olimpiadi di Londra senza prender fiato.
A confortare Fabretti, davvero in ottima compagnia, provvede l’esperto (di scherma) Stefano Pantano, ospite strafisso nel salotto buono di Olimpiche emozioni.

Quando l’altra sera il conduttore Jacopo Volpi gli ha annunciato che la tv stava per mostrare il finale di Nadal-Djokovic, ha chiesto sconsolato: «Ma non l’abbiamo già visto?». E Volpi, serissimo: «No, quello era il doppio femminile». Tutto sommato, meglio così per Seppi e Bolelli: sono usciti presto, ma nessuno se n’è accorto.

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