
L'era dei Cannibali è una sottile linea di confine tra l'esaltazione dei numeri e la depressione di chi resta a guardare. Pogacar che scatta in bici a 80 chilometri dal traguardo mentre gli altri arrancano dietro di lui, Marquez che vince il mondiale di MotoGp annichilendo chiunque gli stia (lontanamente) vicino, sono esempi di tirannia. E già successo e succederà ancora. Ma nel tennis c'è qualcosa di più perché, quando il numero 2 si fonde con il numero 1 e diventa una cosa sola, ci si chiede dove stia la forza e quanta sia la debolezza complessiva. Ovvero (come disse lo scrittore polacco Stanisaw Jerzy Lec): «Se un cannibale quando mangia si serve del coltello e della forchetta, si tratta di progresso?». Pensate alla premiata ditta Alcaraz-Sinner e cercate di dare una risposta, se potete.
In realtà un tentativo lo ha fatto Sua Maestà Roger Federer, altro Cannibale della storia che però aveva al suo fianco non solo un numero 2 ma anche un terzo incomodo. Quando la sua rivalità con Nadal stava per diventare dominante, arrivò sulla scena Djokovic. E il triumvirato che si è poi spartito la maggior parte dei titoli più importanti del tennis, ha trovato anche Murray a inserirsi, talvolta, come Fab Four. Qui no, è un'altra cosa, la distanza tra i primi due che si alternano in cima al ranking e il resto del mondo è siderale. E se le alternative sono ancora giocatori come Zverev e Tsitispas, eredi designati della Generazione di Fenomeni diventati le brutte copie di Riad, ecco il disastro. Non c'è alternativa: malanni fisici a parte, la finale in ogni torneo è Jannik contro Carlos. Come quella di oggi in Arabia (ore 20.30).
Si diceva di Re Roger: la sua spiegazione - più che tecnica - è quasi commerciale. «Cambiando la velocità dei campi e delle palline ha sostenuto recentemente -, i direttori dei tornei hanno reso ogni settimana praticamente identica. Superfici così svantaggiano il giocatore più debole, costretto
a tirare tante volte colpi straordinari per battere Sinner o Alcaraz. Con terreni diversi le sorprese sarebbero invece più probabili. La verità è che si sono accorti che la loro rivalità funziona e non hanno interesse a metterli in difficoltà». Se così fosse, però, sarebbe ancora più deprimente. Soprattutto per chi proprio come Zverev usa questa tesi per giustificare i suoi fallimenti.
Meglio essere realisti, come quando Taylor Fritz dice che «Sinner fa sempre le stesse cose, ma le fa meglio di tutti», o quando Nadal afferma che «Alcaraz è magico, più di Jannik: solamente sbaglia di più». Insomma il tennis ha costruito il Cannibale più forte di tutti: meglio per noi, ma che lo sia per il tennis è tutto da vedere.