si è trasformato in tragedia. Una donna egiziana di 28 anni con seri problemi psichici, Atyiat Alsayed, residente da due anni nella capitale ha tentato di soffocare la figlia di un anno e mezzo ricoverata allospedale «Bambino Gesù». La bimba, in buone condizioni, è stata salvata dal pronto intervento di un medico e di due infermieri che avevano notato lo strano comportamento della madre. Urla ripetute e uno strano abbraccio che poteva essere letale. Lepisodio è accaduto ieri pomeriggio poco dopo le 14.
Bloccata e denunciata è stata portata in caserma dai carabinieri per linterrogatorio. Ma una volta intervenuti per il fermo, i militari hanno dovuto chiedere lautorizzazione alla gendarmeria vaticana visto che lospedale si trova in unarea di proprietà del Vaticano che gode della extraterritorialità.
La donna non ha saputo spiegare i motivi che lhanno indotta a compiere il gesto chiudendosi in un ostinato silenzio e rifiutandosi di rispondere alle domande dei militari. Nel frattempo una psicologa dello stesso ospedale pediatrico tentava di tranquillizzarla per cercare di avere almeno delle informazioni certe sul padre della bambina o su altri componenti del nucleo familiare. Ma la donna ha optato per il mutismo. La donna è stata trasferita presso la Compagnia dei Carabinieri di San Pietero dove è stata interrogata, laccusa ipotizzata dai militari è di tentato omicidio.
«Lintervento immediato dei medici e degli infermieri ha consentito di sottrarre la piccola a una morte certa - ha dichiarato il direttore sanitario del Bambino Gesù, Massimiliano Raponi -. Se non si fosse intervenuto in tempo per la bambina non ci sarebbe stato nulla da fare, questione di pochi secondi insomma».
In passato molti episodi simili si erano conclusi malamante. Lo scorso 19 febbraio a Ceggia (Venezia) una casalinga di 46 anni aveva prima soffocato il figlioletto di sei anni e poi aveva deciso di farla finita impiccandosi a una spalliera ginnica nella sua stanza da letto. Mentre in Veneto si consumava questo dramma, in Val DAosta, a Donnas, quasi nelle stesse ore, se ne sfiorava un altro. Un 35enne torinese, R.F., si lanciava col figlioletto di due anni da un ponte dentro la Dora Baltea, che in quel periodo ha una scarsa portata dacqua. Nella caduta da circa sei metri su sassi e sabbia, il bambino subì un ematoma alla testa.
Poco meno di un anno fa, era il 20 luglio del 2009, una donna di 36 anni che soffriva di depressione aveva strangolato il figlio di 4 anni a Parabiago, in provincia di Milano. Il piccolo venne assassinato con un cavo elettrico del caricabatterie del cellulare.
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