Terremoto, l’Indonesia chiede aiuto al mondo

Nuovo bilancio: oltre 4.600 morti e 20mila feriti. Scavi febbrili per trovare superstiti

Terremoto, l’Indonesia chiede aiuto al mondo

Massimo Malpica

da Roma

Chiede aiuto al mondo l’Indonesia, piegata dal disastroso sisma che all’alba di due giorni fa ha colpito l’area di Yogyakarta, nella regione centrale dell’isola di Giava, mietendo migliaia di vite. Ieri Jusuf Kalla, il vice del presidente del Paese asiatico, Susilo Bambang Yudhoyono, ha dichiarato lo stato d’emergenza per tre mesi, augurandosi che entro un anno sarà completato il processo di «ricostruzione e riabilitazione» della regione, anche grazie agli indispensabili aiuti internazionali. Intanto i soccorritori proseguono febbrili nelle operazioni di scavo tra le macerie delle case, in una corsa contro il tempo per trovare ancora superstiti. E la terra continua a tremare: sono state oltre 450 le scosse di assestamento registrate nelle ore seguenti alla prima, quella di 6,3 gradi della scala Richter alle 5.54 della mattina di sabato.
C’è grande confusione anche sul bilancio delle vittime. Sarebbero 4.611 i morti, secondo quanto dichiarato dal ministero degli Affari sociali, anche se altre fonti dello stesso dicastero, in giornata, avevano ritoccato la cifra al ribasso, indicando in 3.875 il numero delle vittime. Oltre 20mila i feriti, molti dei quali in gravi condizioni, mentre c’è incertezza sulla consistenza degli sfollati. Sono almeno 50mila secondo il governo, 200mila secondo altre stime, mentre per l’Unicef almeno 100mila persone sono senza un tetto, tra chi ha perduto la propria abitazione e chi, scampato al disastro, si è allontanato dalle zone colpite.
Dei cinque distretti del «sultanato» di Yogyakarta, quello dove il sisma ha fatto più danni è Bantul. Qui si concentra la maggior parte delle vittime: quasi tutta la città, un centro industriale di circa 500mila abitanti, è stata devastata, molti dei quartieri popolari sono completamente rasi al suolo e i suoi abitanti, in gran parte operai e impiegati nelle industrie del luogo, morti. I superstiti, costretti a vivere nelle tende di fortuna in plastica allestite lungo le strade, si sono uniti ai soccorritori nel lavoro di scavo tra le case crollate per salvare feriti e recuperare i corpi. Migliore la situazione nella città reale di Yogyakarta, dove i crolli hanno interessato in particolare l’area meridionale, più vicina all’epicentro del terribile terremoto. L’aeroporto della storica città, le cui strutture sono state danneggiate, funziona solo per i voli umanitari e di soccorso, destinati a intensificarsi ancora dopo la richiesta ufficiale delle autorità di aiuto alla comunità internazionale per far fronte all’emergenza.
La situazione è critica. Oltre alle migliaia di sfollati che non hanno nemmeno tende o alloggi di fortuna per trascorrere la notte, in molte delle zone colpite, alcune delle quali appena raggiunte dai soccorritori, non c’è ancora energia elettrica. Alcuni ospedali sono danneggiati, e in quelli pienamente operativi non c’è posto nemmeno nei corridoi, mancano medicinali e acqua pulita, e anche gli obitori sono al collasso.
Ieri sono arrivati nelle città di Bantul e Klaten i camion con i primi aiuti alimentari del World Food Programme dell’Onu, e in un appello la Croce Rossa internazionale ha indicato in 10 milioni di dollari la cifra da raggiungere. Intanto nazioni e organizzazioni si muovono e in fretta. Tre milioni di euro sono stati già stanziati sabato scorso dalla Commissione europea, che peraltro ha raccolto l’invito del governo di Giakarta anche attivando il meccanismo di protezione civile europeo, con il coordinamento tra gli organismi dei singoli Stati membri.
Osservatori dell’Unione europea sono già nell’area colpita dal sisma. Altri 2 milioni di euro verranno destinati all’emergenza dalla Cei, grazie alle offerte dell’8 per mille alla Chiesa. In azione anche gli Usa: ieri George W. Bush ha stanziato 2 milioni e mezzo di dollari in aiuti finanziari e supporto tecnico, e un intervento di due milioni di dollari è stato annunciato dal governo di Pechino. Non sono estranei alla gara di solidarietà i Paesi arabi, pronti a portare aiuto alla nazione islamica più popolata del mondo. Da Riad arriva notizia di uno stanziamento a favore dell’Indonesia di 5 milioni di dollari. L’annuncio arriva dal re saudita Abdullah bin Abdel Aziz, e accanto al generoso intervento finanziario ci saranno aiuti «in prodotti alimentari, materiale medico, tende e coperte», trasportati sul luogo del disastro grazie all’aeronautica militare dell’Arabia saudita.


Nuovi aiuti italiani, dopo il volo umanitario decollato sabato pomeriggio e atterrato quando in Italia era notte, sono partite ieri da Brindisi, dove ha sede la base di pronto intervento umanitario delle Nazioni Unite, a bordo di un Ilyushin 76. Quasi 200mila dollari in generi di prima necessità.

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