Gaza e la guerra delle bugie: "Per Hamas sono strategia"

Attacco studiato per due anni tra inganni e dissimulazioni. La dottrina della "taqiyya" applicata dai Fratelli musulmani

Gaza e la guerra delle bugie: "Per Hamas sono strategia"
00:00 00:00

C'è un hadith nella Sunna. Tramanda che Maometto avrebbe detto: «La guerra è inganno». Intendeva che la guerra ci ottenebra o che va condotta con l'inganno? Nell'Islam si dibatte. Nel caso però del moderno radicalismo islamico la lettura è univoca. «Hamas orgogliosamente dice che per due anni ha fatto finta di governare - osserva Lorenzo Vidino (foto) direttore del Programma sull'estremismo alla George Washington University a Washington - Ha dissimulato le sue intenzioni per ingannare Israele, ha fatto finta di avere abbandonato la violenza, o quasi, per poi preparare questo attacco, col nemico che aveva abbassato la guardia».

D'altra parte la propaganda è parte integrante dei conflitti, soprattutto quando belligeranti sono Paesi non democratici. E il tema resta più attuale che mai, ora che si parla di centinaia di morti a Gaza dopo che è stato colpito un ospedale, con versioni e ricostruzioni contrapposte. Ma come nasce questa strategia dell'inganno e sino a che punto può spingersi?

C'è chi come l'analista israeliano Ron Schleifer è arrivato a dire, ben prima di questa crisi, che «mentre gli eserciti occidentali hanno bisogno di incoraggiamento per condurre operazioni di inganno, gli eserciti arabi e i movimenti politici non ne hanno bisogno perché l'inganno è parte integrante della loro cultura politica e militare». Ma al centro di questa tendenza alla mistificazione e all'inganno ci sarebbe invece la dottrina della Taqiyya una delle più complesse e controverse dell'Islam.

All'origine era una «autorizzazione» assolutamente difensiva, nata in ambito sciita. Consentiva al fedele di mentire sulle sue convinzioni religiose per non essere perseguitato. In maniera difensiva è stata utilizzata anche dai moriscos della penisola iberica perseguitati dall'inquisizione. Il franco-algerino Mohamed Sifaoui, giornalista specializzato in Islam politico e terrorismo, docente alla Sorbona, ha dedicato libri e studi alla Taqiyya. Lo stesso Vidino, nel suo Islamisti d'Occidente, ha raccolto interviste a ex membri di spicco della Fratellanza, e uno di loro sostiene che oggi l'inganno è «una delle principali tattiche dei Fratelli per ottenere il tamkine», il potere insomma. «Altrettanto ingannevole e opportunistico - si legge - è il gioco delle alleanze sempre mutevoli condotto dai Fratelli». E Hamas nasce dai Fratelli.

Un noto traduttore dall'arabo di origine egiziana, Raymond Ibrahim, ha scritto nel 2008 un articolo molto dibattuto sulla Taqiyya e il suo utilizzo da parte delle frange del radicalismo islamico. Ha documentato decine di interventi di Ulema che sostanzialmente ne propugnano l'utilizzo. Si va dai grandi giuristi arabi come Ibn Hajar al-'Asqalani (1372 - 1448) sino alla contemporaneità. Ovviamente il radicalismo religioso si guarda bene dal prendere in esame tutti i versetti inneggianti alla verità e alla sincerità presenti nel Corano. Così due anni fa, parlando dei Talebani col Giornale, metteva in guardia Harold Rhode, allievo del maggiore storico del Medio Oriente, Bernard Lewis, e per 28 anni al Pentagono come consigliere sull'islam: «Guai a cadere nella trappola della Taqiyya».

Ma questo indubbio richiamo alla possibilità di mistificare o mentire verso l'infedele ha effetto rispetto agli sviluppi attuali del terrorismo o dello scontro in Israele? Si sono viste ondate di false notizie anche durante l'aggressione Russa all'Ucraina.

In questo caso però l'inganno, la propaganda e la dissimulazione arrivano anche a lambire l'Europa. Dentro. E valgono sia nel penetrare nei confini dell'Europa sia nel raccontare la crisi in corso, enfatizzando versioni di comodo dei fatti. Anche sull'ospedale Al Ahli.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica