"Gli Houthi non si fermeranno": per il Pentagono tutto si basa sulle scorte di armi in Yemen

La crisi del Mar Rosso è distante da un punto di svolta, e mentre i ribelli houthi continuano a colpire con missili, droni e piattaforme sottomarine dalle coste dello Yemen, il Pentagono non ferma i raid aerei

"Gli Houthi non si fermeranno": per il Pentagono tutto si basa sulle scorte di armi in Yemen
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"Non aspettatevi che gli Houthi o altri gruppi sostenuti dall’Iran smettano di colpire nel Mar Rosso". Al Pentagono non hanno dubbi. I ribelli Houthi dello Yemen continuano ad attaccare navi guerra, mercantili e petroliere nelle acque a ridosso dello stretto di Bab el-Mandeb e nel Golfo di Aden lanciando droni kamikaze, missili e piattaforme subacquee che hanno messo tra i nuovi obiettivi di rappresaglia i "cavi sottomarini" delle infrastrutture Aae-1, Eig e Seacom/Tgn-Eurasia. Secondo quanto riportato nelle scorse ore, le reti collegato avrebbero momentaneamente smesso di trasmettere dati.

Solo nella giornata di oggi i ribelli yemeniti hanno lanciato attacchi con missili e droni contro petroliera americana Torm Thor nel Golfo di Aden,e hanno cercato di colpire alcune navi da guerra Usa nel Mar Rosso. Nella notte tra domenica e lunedì 26 febbraio ulteriori raid aerei sferrati dalla portaerei americana Uss Eisenhower, che incrocia nel Mar Rosso, hanno colpiti nuovamente obiettivi su tutto il territorio dello Yemen. Il dubbio che è stato sollevato in questi mesi di crisi apparentemente immutata è ricaduto sull'efficacia degli strike condotti dai cacciabombardieri statunitensi e britannici. La risposta del Pentagono, che insieme alla resto della Coalizione internazionale - che adesso conta anche la missione Aspides italiana - si basa sulla certezza che le capacità offensive degli houthi "stanno diminuendo".

La risposta è arrivata dopo la decisione delle scorse settimane di colpire obiettivi militari al di fuori dello Yemen, in Siria e in Iraq. Riaccendendo in tutti gli osservatori internazionali il timore di una escalation nella regione. E nonostante gli sforzi per "scoraggiare l’aggressione" che viene ritenuta essere una reazione "per procura" suggerita da Teheran, non sembrino portare ad alcuni risultato, da Washington e da Londra la decisione di contrastare il terrore con le armi continua ad apparire ferma e risoluta.

Gli Houthi possono contare solo su “una quantità limitata di capacità” di munizioni da impiegare contro obiettivi navali che transitano per il Mar Rosso. E una flessioni nel volume di fuoco impiegato negli attacchi, come la decisione di puntare ai cavi sottomarini, potrebbe essere la conferma che questa teoria dell'intelligence statunitense è fondata; e una volta colpiti i depositi e le linee di approvvigionamento che attraverso la cosiddetta "terra di nessuno", la crisi potrebbe assistere ad una gradualmente diminuzione della minaccia da parte dei ribelli con un recupero dell'attuale mancanza di controllo e garanzia della sicurezza sulla tratta che collega i mari orientali al Mediterraneo e si sta ripercuotendo sull'economia globale.

"Quanta di quella capacità vogliono sacrificare per una causa destinata a fallire? Perché ancora una volta continueremo a diminuire e a interrompere tale capacità”, hanno domandato retoricamente e avvertito i vertici del Pentagono nelle scorse settimane. Poi hanno colpito, ancora una volta, lanciando raid aerei su “centri operativi di comando e controllo, centri di intelligence, razzi, missili, deposito e logistica di veicoli aerei senza pilota, strutture della catena di approvvigionamento di munizioni".

Confermando come il focus degli strike aerei sia solo ed esclusivamente la "capacità di attacco” degli Houthi. Solo nella notte di sabato scorso, gli Stati Uniti e Regno Unito hanno confermato di aver colpito 18 obiettivi sensibili in Yemen. E il prospetto sembra essere quello di continuare.

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