
In una lunga analisi l'On. Souad Sbai, Presidente di ACMID Donna Onlus, ha fatto un punto della tragica situazione nel Sudan dove tre anni di guerra hanno portato ad una vera e propria catastrofe umanitaria.
La guerra
“In Sudan, la guerra che dura da due anni e che è entrata nel suo terzo anno ad aprile, ha causato un pesante tributo umano, come indicano i rapporti delle organizzazioni internazionali specializzate. Gli analisti collegano questa situazione alla mancata partecipazione dell’esercito, guidato dal generale Abdel Fattah al-Burhan, al processo di pace o di negoziazione e alla sua decisione di proseguire il conflitto. La situazione si è aggravata in vari settori, tra cui quello umanitario, economico, sanitario ed educativo, con un aumento dei tassi di povertà, fame e malnutrizione, soprattutto tra i bambini", spiega l'On Sbai.
Le Nazioni Unite hanno descritto questa crisi come la più grande catastrofe umanitaria al mondo. Due anni di conflitto hanno portato alla più grande crisi umanitaria e al più grande spostamento di popolazione a livello globale.
I dati
Secondo l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), 15 milioni di persone hanno lasciato le loro case, di cui 11,5 milioni sono sfollati interni, con un incremento del 27% rispetto all’anno precedente. Oltre 3,3 milioni di persone hanno attraversato le frontiere verso i paesi limitrofi. L’OIM riporta che il 64% della popolazione sudanese, circa 30 milioni di persone, necessita di assistenza alimentare urgente. L’84% delle famiglie sfollate, pari a circa 2,3 milioni di nuclei familiari, ha bisogno di assistenza alimentare, mentre il 78% richiede beni non alimentari come ripari e carburante.
Il numero di bambini vittime di violenze è aumentato drasticamente. L’UNICEF segnala che le gravi violazioni dei diritti dei bambini sono aumentate del 1000%, con casi di omicidi, mutilazioni, rapimenti, reclutamenti forzati e violenze sessuali. Il numero di bambini uccisi o feriti è passato da 150 casi confermati a circa 2776 nel 2023 e 2024. Questi dati hanno spinto diversi paesi a rilanciare iniziative per riattivare i colloqui di pace.
La conferenza internazionale
A tal fine, è stata organizzata una conferenza internazionale a Londra, sotto l’egida del Regno Unito, con la partecipazione di 20 paesi. La dichiarazione finale ha sottolineato l’importanza di una soluzione politica per porre fine al conflitto e alleviare la sofferenza del popolo sudanese, invitando a una mediazione unificata sotto l’egida delle Nazioni Unite. Gli sforzi internazionali per convincere il governo militare sudanese a iniziare i negoziati si scontrano con una forte volontà popolare di porre fine alla guerra.
Il movimento per la pace
È emerso un movimento a favore della pace, formatosi a febbraio a Nairobi dal “Fronte per la pace in Sudan”, che include le Forze di Supporto Rapido e gruppi civili e laici influenti, come il Movimento Popolare - Nord guidato da Abdelaziz al-Hilu e l’Esercito di Liberazione del Sudan - Magli Transition guidato da Al-Hadi Idris. Questa coalizione laica si oppone all’influenza dell’islamismo radicale ancora presente nell’esercito sudanese, il che complica la transizione verso una soluzione politica pacifica.
In questo contesto di guerra prolungata, Abdullah Hamdok, ex primo ministro e leader del Fronte per la Resistenza, ha messo in guardia contro l’ascesa di pratiche violente estreme, che potrebbero rendere il Sudan un terreno fertile per il terrorismo internazionale. Ha criticato gli ex elementi del regime dei Fratelli Musulmani per aver alimentato il conflitto al fine di preservare i loro interessi.
Le violenze hanno raggiunto livelli critici con l’avanzata delle forze governative a Khartoum e negli Stati di Jamaa e Sinnar. Sono state documentate esecuzioni sommarie e uccisioni di civili, simili ai metodi utilizzati da gruppi terroristici come lo Stato Islamico (ISIS), aggravando la brutalità del conflitto.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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