Come quel personaggio dell'Underworld di Delillo. Faceva pensare che «mangiasse dentro piatti sporchi, ma piano piano ci si abituò a lui, anzi si cominciò a trovarlo molto piacevole». Così finiremo per assecondare la scomposta sciatteria di questa coalizione di governo. Rischiando l'abitudine.
L'ultimo spunto è l'incredibile «appropriazione impropria» del bonus fiscale (19 miliardi di maggiori entrate fiscali di cui il governo Prodi si è attribuito come merito). Qualche ora e all'interno della coalizione si è iniziato a ragionare su come spartirle. I fronti sono due. L'ala comunista ha subito chiesto di alleggerire la prossima Finanziaria.
La realtà non solo per noi, ma per il novantanove per cento degli economisti, è che i 19 miliardi arrivano dalla ripresa dell'economia, da alcune imposte una tantum e da una accorta politica fiscale adottata dal passato governo.
La questione grottesca è che lo scippo del bonus fiscale sta rappresentando un ulteriore motivo di divisione all'interno della sinistra. Il ministro dell'Economia prevede una Finanziaria da 35 miliardi: 20 per la riduzione del deficit e 15 per lo sviluppo. Il taglio del deficit deriverà essenzialmente dalla riduzione di spese in quattro comparti: sanità, pensioni, enti locali e pubblica amministrazione. Bruxelles pretende almeno 16/17 miliardi di misure strutturali: la ripresa economica e il conseguente miglioramento delle entrate, non hanno per i burocrati europei nulla di strutturale. A ciò si aggiunga che questo governo è entrato in carica con tassi di interesse europei al 2,5% e nel prossimo anno dovrebbero arrivare al 3,5% per la politica monetaria già adottata dalla Bce: il che fa un saldo di 10 miliardi di euro in più per pagare gli interessi sul nostro debito pubblico. In sintesi l'Europa da una parte ci chiede rigore nei conti, dall'altra ci toglie un po' di terreno sotto i piedi aumentando i tassi di interesse.
In questo scenario in cui la camicia di forza è difficilmente allentabile ci sono due vie d'uscita. La prima, per semplicità definibile tremontiana, era quella di assecondare il più possibile i contabili europei, ma nel frattempo ridurre le imposte per dare vigore e spessore all'economia. Una mossa che sta pagando e dei cui frutti si compiace l'attuale esecutivo. La seconda strada per ora interpretata da Tommaso Padoa-Schioppa è quella di seguire con maggiore attenzione i diktat europei e sacrificare un po' di crescita (quella del 2007) per rimettere subito i conti a posto. Condita con il consueto accanimento fiscale, necessario corollario redistributivo, bene interpretato da Visco. In queste ore si sta facendo largo una terza via: quella appunto del gruppone sindacal-comunista dell'attuale maggioranza. È una via che passa per l'aumento delle imposte e l'intoccabilità della spesa pubblica. E il maggior gettito recuperato da Tremonti e contabilizzato dal governo Prodi, è la migliore scusa per gettare a mare l'indispensabile correzione della spesa pubblica. Sforbiciate che il governo Berlusconi è riuscito ad operare efficacemente solo nel comparto pensionistico. Trascurando, ad esempio, la pubblica amministrazione.
Il banco di prova sarà dunque la discussione sulla Finanziaria che partirà ad autunno.
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