Roma - Pare che Berlusconi volesse fare un intervento ancora più duro rispetto a quello fatto con la telefonata alla manifestazione «Italia Avanti», promossa dai parlamentari Fabio Rampelli, Marco Marsilio, Marco Scurria e dal ministro Giorgia Meloni. Cinquemila supporter assiepati all’auditorium di via della Conciliazione, nella stessa sala del famoso «Che fai mi cacci?» dello scorso aprile, cantano «Un presidenteee, c’è solo un presidenteee» quando il premier fa sentire la sua voce.
I toni sono tutt’altro che fiacchi, i contenuti secchi e decisi. Il Cavaliere risponde a chi lo considera bollito e, con le opposizioni gli chiedono di farsi da parte, parla del dopo Berlusconi: «Sono assolutamente consapevole che ho una certa età e ad un certo punto dovrò lasciare ad altri - dice - ma lo farò dopo che avrò portato a termine il nostro programma». Se l’obiettivo di Fini e Casini è quello di prendere lo scettro del regno del centrodestra, non saranno certo loro ad essere indicati come successori: «Passerò il testimone - assicura il premier - ma non ai maneggioni della vecchia politica che hanno combinato e stanno combinando solo disastri e che hanno a cuore solo le loro ambizioni personali, ma lo passerò alle nuove generazioni di politici giovani, seri e preparati». Boato. Fini non lo nomina mai, Casini sì. Per una rasoiata: «Casini ha un solo progetto politico e un solo fine: quello di far fuori Silvio Berlusconi per prenderne il posto esattamente come la sinistra che ha capito che, avendo Berlusconi la stima del 54,6% degli italiani, è un ostacolo insuperabile». A stretto giro la replica del leader Udc: «Non voglio polemizzare col premier, è un uomo allo sbando».
Il nome di Fini, il Cavaliere non riesce neppure a pronunciarlo: «Quei signori che fino a ieri sono stati con noi hanno dimostrato un’incoerenza incredibile», attacca Berlusconi che sciorina la gimcana finiana tra Mussolini, stranieri e modelli istituzionali. «Sono passati dal grande statista al male assoluto, dalla Bossi-Fini al voto agli immigrati, dal presidenzialismo al “no” al premio di maggioranza. Un’incoerenza totale». Mestieranti della politica, insomma. «Maneggioni della vecchia politica», «ammucchiata di reduci», «signori attempati che hanno sempre formato le seconde file dei partiti», che «vogliono la crisi di governo alleandosi con la sinistra, consegnandogli l’Italia». Un disegno che per il Cavaliere non andrà in porto perché «Gli italiani sono con noi e credo che avremo una maggioranza e che potremo continuare a governare - dice pensando al redde rationem del 14 dicembre - penso che molti di questi capiranno, si pentiranno e torneranno da noi». Difficile sapere quanto ci creda veramente, tuttavia, si domanda il premier «questi signori hanno votato la fiducia il 29 settembre. Non si capisce cosa sia cambiato da allora».
Poi, suona la carica: «Dobbiamo attivarci per far giungere alla gente le nostre posizioni al di là di quello che fa giungere la stampa, la cui grande maggioranza è contro di noi». E i concetti da far passare sono semplici: «Le principali agenzie di rating hanno confermato un giudizio positivo sul nostro Paese ma tale valutazione è sottoposta alla condizione del mantenimento della stabilità di governo». Ecco perché in caso di crisi di governo «potremmo diventare bersaglio della speculazione internazionale e far la fine della Grecia, dell’Irlanda o del Portogallo. Sarebbe un rischio tragico». La platea poi si scalda quando il premier prefigura l’esito di un governo appoggiato dalla sinistra: «verrebbe reintrodotta l’Ici, sarebbe introdotta un’imposta sul patrimonio, il prelievo fiscale sui Bot sarebbe elevato da 12,5% al 25%, sarebbe limitata la libertà dei cittadini con nuove norme di polizia tributaria e con intercettazioni a go go». E ancora: «Pensate a uno di questi seduto a un vertice internazionale... Io invece sono stato una star - dice riferendosi ai summit degli ultimi giorni - tutti volevano farsi una foto con me non solo per la mia esperienza ma perché sono un tycoon».
Toni da campagna elettorale? Forse. Di certo il più bersagliato è Fini, oggetto di «buu» e fischi quando in un video passano le immagini del presidente della Camera prima vicino ad Almirante, poi a Berlusconi e quindi a Bersani. Qui c’è la vera destra: quella leale e coerente. Tant’è vero che gli interventi più applauditi sono quelli della Meloni che si rivolge alle opposizioni («Per favore, non parlate di “governo di responsabilità” ma di “governo degli sconfitti”») e quello di Rampelli («Basta con gli inciuci e le congiure di palazzo»). Ma non ci sono solo gli ex An.
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