Camilla Conti
Il titolo delle Poste ieri ha reagito con un -0,8% all'ultima mossa del Tesoro che ha collocato in Cdp la sua quota, in vista di una quotazione di un'ulteriore tranche del capitale. Le azioni del gruppo guidato da Francesco Caio hanno chiuso a 6,79 euro, comunque sopra al prezzo dell'Ipo (6,75 euro) di ottobre 2015. L'operazione, in sintesi, è la seguente: il ministero, oggi al 64,7% delle Poste, conferirà il 35% alla Cassa Depositi che varerà un aumento di capitale da 2,9 miliardi riservato al Mef, che così salirà all'85%, mentre gli altri azionisti della Cdp, ovvero le Fondazioni (oggi al 18,4%), si diluiranno ma non scenderanno sotto il 15% della Cassa. L'attività di indirizzo e di gestione continuerà ad essere esercitata dal Tesoro che comunque collocherà in Borsa il restante 29,7% delle Poste probabilmente entro fine anno (per lunedì è atteso il consiglio dei ministri con all'ordine del giorno il decreto).
Quale è il significato strategico dell'operazione? L'obiettivo primario è il rafforzamento patrimoniale della Cassa che fa ancora i conti con la minusvalenza di 450 milioni realizzata rilevando il 12,5% di Saipem. E rischia di finire a corto di munizioni, assai necessarie invece per il braccio finanziario della politica industriale renziana. Cdp, oggi presieduta da Claudio Costamagna, ha chiuso il 2015 in rosso per 900 milioni, contro i 2,2 miliardi di utili del 2014. Il calo del 22% del margine di intermediazione era stato imputato da Cdp alla contrazione dei tassi di mercato, e in particolare della discesa del rendimento del conto corrente di Tesoreria ai minimi storici. Su 250 miliardi di raccolta postale, circa 150 sono depositati sul conto di Tesoreria dello Stato, a fronte di un interesse che negli ultimi anni si è andato sempre più assottigliando, mentre sono cresciute le situazioni in cui la Cassa è stata chiamata a intervenire per risolvere situazioni difficili. Un problema, sul fronte del conto economico, da risolvere con urgenza. Tanto che lo scorso 12 maggio è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale un decreto che ha aumentato la remunerazione adeguandola ai nuovi livelli di mercato. Considerando che circa l'80% del risparmio postale è caratterizzato da una persistenza in media superiore ai dieci anni, «appare equo remunerare la giacenza del suddetto conto corrente fruttifero di Tesoreria per l'80% con il rendimento dei buoni del Tesoro poliennali con scadenza a dieci anni e per il 20% con il rendimento dei Bot a sei mesi», si legge nel decreto.
Non solo. Cdp in futuro riceverà proquota il flusso di dividendi generati dalle Poste. Idem per le fondazioni, che potranno così in parte compensare la diluizione e magari chiedere qualche altra contropartita in cambio.
Il passaggio alla Cdp dovrebbe inoltre ridurre il rischio di revisione del contratto, in scadenza nel 2019, sulla raccolta del risparmio postale. Al momento Poste riceve una commissione dello 0,5% sui saldi medi di buoni fruttiferi e libretti postali collocati per conto della Cdp. Si tratta di circa 1,6 miliardi di ricavi, il 6% sul totale.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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