Non condivide il progetto di legge sul testamento biologico Roberto Formigoni. «No alleutanasia. No allaccanimento terapeutico», ha detto ieri mattina durante il convegno «Testamento biologico?» organizzato dallOrdine provinciale dei medici chirurghi e degli odontoiatri, incalzato dalle domande del moderatore Stefano Zurlo de il Giornale.
Un tema attuale, che porta con sé molti interrogativi. Primo fra tutti: può la legge normare un argomento così delicato? Sì, secondo i sostenitori del testamento biologico che ritengono questo documento lo strumento giusto per farlo. Uno strumento con il quale una persona nel pieno delle proprie capacità esprime la sua volontà sui trattamenti ai quali desidererebbe essere o non essere sottoposta nel caso in cui non fosse più in grado di esprimere il proprio consenso informato. Uno strumento che Formigoni e quasi tutti gli altri relatori, invece, non approvano. «Innanzitutto si pone il problema delle scelte anticipate - ha spiegato il presidente della Lombardia - perché è molto diverso decidere mentre sei sano o mentre sei sotto shock, diverso a 30 anni che a 80 e non si può non tener conto del progredire della scienza».
Da una parte Welby, dallaltra una nonnina centenaria accompagnata dai trisnipoti che chiedono di tenerla in vita. Casi estremi, certo, che testimoniano quanto possano essere variegate le esigenze dei malati. «Il 99 per cento dei casi - spiega il presidente della Commissione di bioetica e deontologia Omceo Valerio Brucoli - si avvicina al caso della nonnina, lopposto dei soliti episodi pompati dai media». Una prova in più, ha sottolineato Formigoni, che dimostra come «il dramma della persona, nella sua libertà e nel suo mistero, non possa essere imbrigliato in nessuna casistica esaustiva».
La Regione Lombardia ha scelto di puntare sul concetto di umanizzazione, mettendo al centro del sistema il malato, la famiglia e il medico. «Per questo - ha continuato Formigoni - abbiamo raggiunto il primato nazionale in fatto di cure palliative e terapie del dolore». Il 23 per cento delle unità operative in questo campo, infatti, si trovano in Lombardia, regione che può contare su 61 strutture e 39 hospice per un totale di 402 posti letto. «Sì alle cure palliative perché è sempre doveroso lenire il dolore e diminuire le sofferenze inutili - ha precisato -. Sì alla vicinanza umana di familiari e amici che costituiscono un aiuto fondamentale per i malati in fase terminale».
Meno netta la posizione del presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici Amedeo Bianco, disposto ad ammettere una legge sul testamento biologico a patto che non si vada oltre a determinati paletti: «Il documento non deve essere vincolante per il medico, il paziente deve aggiornarlo contestualmente alle sue condizioni di salute e - ha precisato - il testo non deve in alcun modo contenere indicazioni riguardo alleutanasia e allaccanimento terapeutico».
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