«Spesso mi sento sola, diversa, abbandonata, sento il desiderio del mondo in cui ho vissuto. Vedo tante cose a Milano, belle, ma pericolose. Ti chiedo aiuto, don Dionigi» dice una giovane donna dellEcuador. «Ci sono duecentomila minori a Milano, ma televisione e giornali parlano di noi come dei polli da sistemare in una gabbia» si sfoga un ragazzo filippino. Commuove i fedeli riuniti in Duomo per la Festa dei popoli: «Tra noi ci sono i buoni e i cattivi, come tutti. Siamo ragazzi normali. Come si può dire che alcuni di noi possono andare a scuola altri no? Qualcuno di noi non si è potuto nemmeno iscrivere allanagrafe. Siamo esseri umani, siamo cittadini».
Larcivescovo celebra la tradizionale messa dedicata ai migranti, che partecipano con canti, danze, parole accorate pronunciate dentro abiti sgargianti. Due piccoli nomadi suonano il violino sullaltare, un gruppetto di bimbe cingalesi canta e balla al momento della presentazione dei doni. Il cardinal Tettamanzi offre tutta la sua comprensione: «Queste cose le conosco bene. In questa nuova Milano, formata da tutti noi, vecchi e nuovi abitanti, abbiamo bisogno di un miracolo». E cioè «una riflessione profonda e condivisa sui valori della persona, della cittadinanza e dellappartenenza religiosa». Una strada non facile: «Purtroppo ci sono cuori che non vogliono aprirsi, il Signore ci aiuti a rigenerare il Paese e lItalia per il rinnovamento dellumanità».
Nella celebrazione mattutina, il cardinale aveva già sottolineato «un pericolo dellattuale contesto culturale», che riguarda anche molti cattolici: vivere «un cristianesimo senza stella, cioè non illuminato da Cristo. Corre questo rischio chi pretende di affermare la propria fede ma non si lascia guidare dalla luce dellinsegnamento di Cristo».(...)
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