Per Robin Ticciati, il giovanissimo direttore inglese che torna a dirigere la Filarmonica della Scala (Ciaikovskij, Stravinskij), il battesimo pubblico è arrivato a vent'anni. Ora che ne ha ventidue vanta già presenze da star: oltre alla Scala, santa Cecilia, l'anno prossimo Salisburgo ed altre importantissime orchestre. Classe 1983, famiglia di origini italiane - suo nonno, romano emigrato in Inghilterra, era musicista dilettante - parla discretamente italiano ed ha appena terminato gli studi musicali: pianoforte, violino, percussioni e musicologia. Quando Colin Davis e Simon Rattle vennero a sapere di questo ragazzo dotato di un talento naturale per la direzione d'orchestra, lo iniziarono al mestiere del direttore e l'hanno lanciato senza perderlo mai di vista.
Non teme di inciampare in qualche ostacolo, avendo cominciato così presto ?
«Ogni volta che dirigo devo vincere la paura. Ogni giorno ho qualcosa da imparare, non sono abbastanza bravo e maturo».
Ci sono territori musicali che reputa «proibiti» a un giovane direttore?
«Il divieto me lo sono imposto da solo: devo aspettare prima di dirigere Beethoven, in particolare le Sinfonie nn. 3,5,9; Brahms, la Sinfonia n.4; Bach, le Passioni; e poi Strauss e Wagner. Non mi sento ancora pronto per affrontare questi autori».
E Il melodramma?
«Per quello c'è ancora tempo. Oltre a capire la musica bisogna sapere di voci, conoscere la tecnica della respirazione; senza queste nozioni di base è impossibile lavorare con i cantanti. E poi molto diversi e più impegnativi sono i tempi del melodramma rispetto al sinfonico».
Si sente diverso dai suoi coetanei; è interessato alla loro musica?
«Sì mi interessa, ma l'ascolto mentre faccio colazione, con la mia ragazza romena; poi quando torno a Mozart mi sento al settimo cielo; mi piace leggere. In una cosa sola mi sento diverso dai miei coetanei, e per questo mi sento più fortunato di loro.
L'hanno paragonata a Mozart, per la sua precocità musicale. C'è qualcosa in cui vorrebbe somigliargli ?
«Per carità, io sono umano; lui è il paradiso, io sono un ragazzo normale».
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