Timbravano il cartellino all’Asl poi lavoravano in centri privati

Il lavoro? Un optional. Lo stipendio? Quello no, il 26 di ogni mesi la busta paga era una certezza. E nessuno mancava di ritirarla.
Nel frattempo, negli orari in cui avrebbero dovuto visitare i pazienti, eseguir lastre, o più semplicemento stare in ufficio, se ne andavano a zonzo. Chi al supermercato, chi ad ad accompagnare i figli a scuola, chi addirittura a farsi un doppio lavoro.
Ecco le accuse mosse ai 24 dipendenti dell’Asl di Brindisi, tra cui quattro medici, sei infermieri, fisioterapisti e impiegati vari. Altre 45 persone sono state denunciate. Il giochino era semplice: si facevano timbrare i cartellini da due donne delle pulizie compiacenti, quindi la loro «dura» giornata da dipendenti pubblici poteva considerarsi finita. Da ieri sono tutti agli arresti domiciliari, fermati dai carabinieri del Nas che ormai da settimane seguivano le loro «sfaticate» mosse.
Emblematico il caso di due camici bianchi. Proprio ieri hanno timbrato il cartellino d’entrata e poco dopo sono usciti per tornare a casa non accorgendosi che, confusi tra la folla che in attesa di visite ed esami, c’erano anche carabinieri in borghese. I militari del Nas erano lì, in via Dalmazia, per notificare le 24 ordinanze di custodia cautelare ai domiciliari. Hanno fatto in tempo a rientrare nelle rispettive abitazioni i due ma poco dopo si sono ritrovati i militari che suonavano al campanello. Insomma beccati in flagrante.
Truffa aggravata, e continuata ai danni del Servizio sanitario nazionale le accuse ,sia per i medici (odontoiatri, oculisti e radiologi) che per gli altri dipendenti lavativi. Ad inchiodarli le registrazioni delle telecamere nelle quali si vedono diverse persone, a turno, qualcuna anche estranea all’amministrazione sanitaria, utilizzare i badge degli assenteisti per timbrare nelle apposite macchinette marcatempo. In un caso una donna delle pulizie, che figura tra gli arrestati, ha in mano addirittura una mazzetta di cartellini. Li faceva scorrere, tranquilla, uno a uno, prima di allontanarsi con aria serafica.
Spesa nei negozi, disbrigo di faccende private, magari con tanto di capatina in palestra. Ma c’era anche chi utilizzava il trucco per andare a lavorare, stavolta per davvero, in strutture mediche private. Tutto durante l’orario di ambulatorio, e tutto documentato. Gravi le conseguenze, secondo la Procura, del comportamento scorretto dei 69 dipendenti, (gli arresti sono scattati solo per i «recidivi») ha puntualizzato il procuratore, Marco Di Napoli.
«L’elusione delle richieste di esami diagnostici in tempi ragionevoli- spiega il magistrato- determinata dal comportamento riprovevole dei dipendenti, si è riflessa sull’efficienza del presidio pubblico». Comportando, di fatto, la migrazione di molti pazienti sfiniti dalle attese impossibili (visto che l’Asl non funzionava, ndr) verso strutture convenzionate o private. «Con conseguenti incidenze finanziarie sulle casse pubbliche- aggiungono gli investigatori-, per il ricorso a professionisti privati, e con aggravi economici per i singoli cittadini». Insomma migliaia di euro spesi di tasca propria dai malati e altrettante centinaia di migliaia di euro pagati inutlmente dallo Stato.
«Tolleranza zero per questi personaggi», tuona il ministro della Salute Ferruccio Fazio, a metà tra il soddisfatto e l’arrabbiato. «Dobbiamo avere delle regole precise...

ogni comportamento che va contro l’interesse del malato è da condannare». Il presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici, Amedeo Bianco, dal canto suo promette: «Vedremo di sospenderli al più presto dall’attività professionale».

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