Tom Jones, la bomba sexy è sempre in pista

Tom Jones è l’uomo delle metamorfosi. Con quella voce potentissima, tonante, negli anni Sessanta divenne un mito in Inghilterra (lui gallese) e in America con le sue canzoni melodiche che hanno fatto storia (basterà citare Delilah, grande successo in tutto il mondo e migliaia di cover tra cui quella popolarissima in Italia di Jimmy Fontana, oppure Never Fall In Love Again).
Con il look «elegante» (ora giacca e cravatta, ora camicie aperte sul petto villoso e pantaloni a zampa d’elefante, ora con abiti di paillettes) e un po’ burino da minatore gallese divenne un sex symbol del pop melodico e del rhythm and blues, e fu spesso paragonato dalla stampa dell’epoca a Elvis, anche se non si fece mai tentare dal rock (anche se nel 1965 faceva da supporto ai concerti dei Rolling Stones e dello Spencer Davis Group).
Si tentò persino di organizzare una sfida vocale tra i due, che però non ebbe mai luogo. Il suo vero rivale in Gran Bretagna fu Engelbert Humperdinck, altro bellone dalla voce calda e generosa scomparso da secoli nelle nebbie del passato.
Tom Jones invece è ancora in pista; ha cambiato genere, ha cambiato look, è volato di nuovo in testa alle classifiche e da qualche anno ha ripreso a pieno regime i concerti. Domani sera quindi lo ritroviamo al teatro degli Arcimboldi, di nuovo sugli scudi dopo due dischi di grande popolarità (ma anche controversi) che hanno rilanciato il suo mito.
In Inghilterra è sempre stato un eroe, l’Europa e il mondo invece li ha riconquistati piano piano, buttandosi un po’ qui e un po’ lì, incidendo per e con gli irlandesi Chieftains, reinventando You Can Leave Your Hat On (il brano di Randy Newman che ha fatto il miracolo anche con Joe Cocker, che l’ha interpretata nella scena clou di 9 settimane e mezzo)per il simpatico film Full Monty e poi bum, nel 1999 ha piazzato lì l’album Reload che ha venduto un paio di milioni di copie in giro per il globo, grazie soprattutto all’accattivante disco-dance di Sex Bomb, un tormentone che imperversa ancora oggi in tutte le salse.
Un brano che ha portato soldoni e fama rinnovata a Jones, che però si sente prigioniero di questa canzone. «Qualcuno mi conosce solo per quella canzone; capisco i giovani che magari non sanno la mia storia, ma io ho una lunga carriera alle spalle, non sono l’ultimo arrivato».
Così ha cambiato di nuovo look e anche stile. Non più il bell’uomo azzimato e col vizietto del lifting ma un ultrasessantenne vigoroso, con barba baffi e maglietta per rilanciare la sua immagine rhythm and blues con il disco 24 Hours, dove a 68 anni ha debuttato anche come autore di canzoni. E ha trovato anche l’appoggio di Bono degli U2, che ha preso la penna e ha scritto per lui l’ironica Sugar Daddy. «L’incontro con Bono in un pub di Dublino mi ha cambiato - sottolinea sempre Jones -, parlammo della mia vita, lui disse che impazziva per le mie giacche esagerate di raso. Una parola tira l’altra e alla fine ha scritto un pezzo che in un certo senso autobiografico». Insomma duttile, versatile o furbacchione, Tom Jones tira sempre.

E a chi lo accusa di saltabeccare disinvoltamente da un genere all’altro ribatte: «Qualche anno fa incisi Boy From Nowhere, ballata dedicata a El Cordobes che piaceva a quelli della mia età e l’anno dopo feci la cover di Kiss di Prince che piaceva ai ragazzi. Mi accorsi così che la gente litigava per decidere quale fosse il vero Tom Jones. Io dico che entrambi mi rappresentano anche se sono completamente diversi».

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