nostro inviato a Parma
Cè una mappa nella quale sono tracciate le prigioni nelle quali avrebbe dovuto essere nascosto il piccolo ostaggio, Tommy, questo bimbo senza colpe massacrato a soli 17 mesi. Ed evidenziati, con una sorta di disegnino, ci sono anche i luoghi «sicuri» dove si sarebbe dovuta compiere la transazione. Il pagamento del riscatto, quei due milioni d'euro che Mario Alessi, il muratore di Casalbaroncolo, sperava di ottenere col suo rilascio. Ma Tommaso è morto, ucciso pochi minuti dopo essere stato strappato ai suoi genitori. Il perché ancora è un giallo.
La cartina coi punti «caldi», cerchiati con un pennarello, è stata trovata in uno dei rifugi di Salvatore Raimondi, uno dei tre finiti in manette. Poco più che un ragazzo, ventisette anni sbandati, carpentiere, ultimo domicilio conosciuto, una casa nel centro di Parma. Da un po, però, in via Albertelli non lo si vedeva più. Dormiva da un amico a Sacca di Colorno, paesino sperduto tra i campi. Qui si è consumato un pezzo dell'inutile blitz di venerdì notte. Uno dei ventidue luoghi in cui i carabinieri speravano di liberare Tommaso. Raimondi e Alessi, adesso, si accusano a vicenda. In un ping-pong di responsabilità scaricate: «Il bimbo l'ha ammazzato Mario»; «No è stato Salvatore, io non c'entro». Gli investigatori continuano a cercare riscontri. Mentre di ora in ora spuntano nuove verità. Rivelazioni, che se possibile, riescono a fare ancora più male in questa tragedia irraccontabile. Mario Alessi, il muratore che avrebbe tradito gli Onofri rapendo il loro figlioletto, il giorno dopo il sequestro chiamò al cellulare, il papà di Tommy. Senza riuscire a parlarci. Gli hanno chiesto perché. Lui si giustifica: «Volevo esprimergli la mia solidarietà. Volevo allontanare da me ogni sospetto...».
Quante facce ha un uomo? Tommaso lo avevano già ucciso. E lui lo sapeva. Ma ripete, ostinato: «Non sono un mostro, non sono un assassino». Intanto c'è un'altra persona sotto torchio: Pasquale Barbera, l'uomo che avrebbe visto strani movimenti di denaro in casa Onofri. Era lui a dirigere la ristrutturazione del cascinale di Casalbaroncolo. È indagato per calunnia e favoreggiamento. E rischia le manette. Secondo gli investigatori, potrebbe avere avuto un ruolo in questo anomalo sequestro. Nelle ultime ore ha anche cambiato avvocato: ora è difeso da Paolo Mingori.
A Bologna, intanto, i magistrati della Dda si preparano a consegnare i documenti al gip che dovrà convalidare gli arresti. Sapendo che non è finita. La prima conferenza stampa indetta dal giorno della sparizione del piccolo Tommaso finisce quasi in rissa. Il procuratore capo Enrico De Nicola esordisce minacciando manette per investigatori e giornalisti che divulghino informazioni. Ha convocato lui la stampa, ma dice poco cercando tra le righe di fare autocritica. Per i tanti, eccessivi ritardi e lentezze di quest'inchiesta, per le inefficienze contrappuntate dai dissidi tra investigatori. Ros, Ris, squadre mobili varie, Sco di Roma, specialisti della scientifica dell'Arma e della Polizia, Gis. Tutti insomma. Ma decisamente troppi galli in un pollaio, difficili da coordinare.
De Nicola prova a recitare il mea culpa. «Debbo dire che sentiamo la sconfitta morale per quello che è accaduto. La viviamo profondamente. La morte del piccolo Tommaso è un risultato estremamente negativo anche se da noi non previsto». Poi le scuse indirette. «Avremmo potuto arrestare gli autori del sequestro almeno quindici giorni prima. È stata mia la decisione di non procedere. Temevo di pregiudicare la vita del bambino. Non volevamo nemmeno pensare che fosse morto. In cinquant'anni di carriera non ho mai visto ammazzare un ostaggio subito dopo il suo rapimento». Quando gli chiedono se Paolo Onofri centra nel sequestro, risponde: «Allo stato non ha nulla a che fare col rapimento del figlio». Allo stato, nulla di certo insomma. Ieri è stato il giorno dellautopsia sul cadavere di Tommy. Ha accertato che il bimbo era sotto terra da un mese. È la conferma che è stato ucciso subito dopo il rapimento. Resta da capire come e da chi, se da Alessi o da Raimondi.
Gli investigatori a Mario Alessi infatti ci erano arrivati fin dal 5 marzo. Anche se l'ordine superiore fu: «Non arrestatelo». Poi il procuratore capo aggiunge: «I rumori di sottofondo, durante le intercettazioni davano la presenza di un bambino nella casa di uno degli attenzionati». Si pensava, si sperava, fosse il piccolo ostaggio. Oggi però, l'Italia intera osserva attonita, il processo si ribalta.
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