Tommy, sotto controllo il telefono di 60 persone

Dalle intercettazioni la speranza di trovarlo. Il pm: speriamo stia bene

Andrea Acquarone

nostro inviato a Parma

Casalbaroncolo, questo puntino sperduto tra i campi ancora brulli attorno a Parma, ogni giorno di più somiglia a un crocevia dove si intersecano Cogne e Mazara del Vallo. Due storie, due tragedie lontane mille chilometri, ma con tanti, troppi, denominatori comuni con questo rapimento senza ancora un perché. Dove si rivedono i fantasmi di un bimbo massacrato e di una madre, Anna Maria Franzoni, accusata che giura di essere innocente; e di una bimba, Denise, sparita, rubata chissà da chi e della quale, tra avvistamenti fasulli e speranze fugaci come la vita di una farfalla, da un anno e mezzo non si sa più nulla.
Ecco, ogni giorno trascorso senza notizie del piccolo Tommy, sembra di rivivere gli stessi incubi, le stesse giornate pesanti, contrappuntate da accuse, sospetti e di verità che non diventano veramente mai tali. Dai dubbi e i silenzi fragorosi più di un boato. Il primo giorno di primavera, a Parma, è spruzzato da una pioggia fredda e noiosa, come i rari, laconici commenti del procuratore Pietro Errede: «È un momento delicato, si continua a lavorare e si acquisiscono elementi nuovi». Ma il bambino è vivo? Da Bologna gli investigatori in qualche modo confermano: «Non ci sono certezze, a dispetto di quanto titolate sui giornali, circa la sorte del bambino. Noi speriamo che stia bene, almeno fino a quando non avremo elementi contrari».
Gli interrogatori, almeno quelli dei principali protagonisti di questa storiaccia, per ora sembrano finiti. Ieri è stato ascoltato un altro operaio, un tunisino, che partecipò ai lavori di ristrutturazione del cascinale. Quasi un pro forma , giusto per verificare i racconti resi dagli altri testimoni. Gli stessi inquirenti ammettono: «Non abbiamo ancora un movente per questo sequestro, che per noi continua a risultare anomalo». Lo dimostra l’enorme mole di lavoro di intelligence svolto da polizia e carabinieri, i controlli incrociati, le perquisizioni, gli esami e i tempi lunghi dei Ris del colonnello Garofano, i documenti bancari della famiglia Onofri, passati al setaccio. Finora senza trovare particolari sbocchi. Basta un numero a far intendere quanto il ventaglio di ipotesi e sospetti sia ampio: quasi sessanta persone sono attualmente «controllate» dagli uomini in divisa. Intanto il papà di Tommaso, dopo giorni di faccia a faccia con poliziotti e magistrati, nelle ultime quarantott’ore ha deciso di farsi «interrogare» in diretta tv. Dopo Chi l’ha visto? e Matrix ieri Onofri è riapparso sul telegiornale di Teleducato prima di andare alla Vita in diretta. Un’offensiva massmediatica per ripetere non solo la propria innocenza ma soprattutto l’appello ai rapitori: «Trattate bene il mio bambino». E per la prima volta: «Datemi un segnale che mio figlio sia vivo». Quasi un presagio.
Non assomiglia più all’uomo duro e taciturno delle scorse settimane l’ex direttore di Poste Italiane. Adesso è stanco, forse anche fragile. Si sfoga davanti alle telecamere, quasi in lacrime: «Mommi (il nomignolo di Tommaso oltreché della sua medicina salvavita, ndr), voglio tornare a giocare con te». E poi: «Mi hanno distrutto, infangato ma non sono io la persona da trovare. È mio figlio la cosa più importante.

Come faccio a resistere? Prego, mi sorregge la fede e tutte le mattine raccolgo le poche forze che ho per andare avanti. Ogni giorno si ricomincia. Io e mia moglie ci facciamo forza a vicenda, lei ora sta male anche fisicamente, ma è una donna straordinaria. L’ho riscoperta in questi giorni... Il nostro rapporto è fuori discussione».

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