da Torino
Ha fatto una scelta difficile, come tante altre donne che di fronte a una gravidanza indesiderata decidono di non diventare mamme. Valentina a quanto pare non è stata costretta ad abortire. Il problema è che ha solo 13 anni. Valentina non è una donna, è una ragazzina che ha sempre sofferto. È unanima in pena, segnata da un passato di violenza e abbandono, di fronte ai quali cè da dubitare che abbia ricevuto lappoggio necessario. Tutte circostanze che, unite alla giovanissima età, rendono la sua «scelta» ancor più travagliata e straziante, tanto da aver provocato nella ragazza una violenta reazione psicologica. La drammatica storia ha colpito un nervo scoperto della società, provocando un torrente in piena di commenti da parte del mondo politico ed ecclesiastico.
Valentina è unanima che ha smarrito il sorriso quando era troppo piccola. Lei straniera, è stata abbandonata dai genitori e adottata da una coppia di Torino che poi si è separata. È cresciuta in fretta Valentina e al precoce appuntamento con la gravidanza è arrivata segnata nella mente e nel fisico. Ad assisterla solo la madre adottiva, perché il padre è ancora alloscuro di tutto. Lei non voleva deluderlo, non voleva che sapesse che era stata tanto sciocca da farsi mettere incinta da un 15enne.
Trattandosi di una famiglia divisa, il caso è stato vagliato anche dal tribunale dei minori. Che ha dato il suo via libera, accertando il mero rispetto della legge: ha fatto apporre la firma di proprio pugno della ragazza sullistanza per chiedere al giudice tutelare di autorizzarla a quellintervento chirurgico. La firma di una 13enne piena di problemi a dimostrare che si è trattato di una libera scelta. Il giudice ha lasciato lultima parola, e tutto il peso, alla ragazzina.
Valentina è stata aiutata a mantenere il segreto. Poi, però, non ha retto e ha avuto un crollo di nervi. Ogni notte un incubo diverso, un terribile ricordo del passato che riaffiora. Presagi del presente e del futuro. La ragazzina adesso è ricoverata nel reparto di Neuropsichiatria infantile dellospedale Regina Margherita, diretto dal primario Roberto Rigardetto. È lui che lha accolta dopo che i servizi psichiatrici dellAsl hanno deciso di farla ricoverare in un giorno in cui la rabbia e la paura hanno avuto il sopravvento in unescalation di sentimenti contrastanti tali da farla crollare. Tanto da spingerla a ingerire un cocktail di alcol ed ecstasy, un gesto che ha spinto i medici dellospedale Mauriziano a trasferirla allospedale infantile. Un ricovero, però, secondo il neuropsichiatra che lha in cura, inopportuno. «Non è malata, non ha una patologia psichica - spiega il neuropsichiatra infantile -. Il suo ricovero è stato inopportuno, così come è inopportuno che lei resti qui in reparto». Ma Valentina non è lì per caso. È in attesa che lAsl 1 e i servizi sociali le trovino un posto in una comunità alloggio, dove possa essere seguita e aiutata. Posto che tarda ad arrivare, le comunità sono piene. E allora Valentina è costretta a rimanere in ospedale. «La comunità può essere una soluzione intermedia - sottolinea il primario - anche se penso che con un adeguato supporto psicologico alla famiglia, potrebbe rifare ritorno a casa». Le giornate di Valentina trascorrono tra le attività organizzate dagli educatori che lavorano nellospedale per bambini. Guarda la televisione. È tranquilla, dellaborto non parla e chi la circonda non insiste per affrontare questo argomento. «Ci vorrà tempo - dicono i medici -. Come tutte le perdite è un lutto che deve essere elaborato». Valentina vorrebbe tornare a casa, alla sua quotidianità. La madre la va a trovare tutti i giorni, il padre non sa. Paradossalmente. Perché invece ora è lintera Italia a sapere.
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