Torino sale al 25% di Chrysler Elkann: «Non ci saranno cessioni»

nostro inviato a Detroit

A Sergio Marchionne l’aria degli Usa, anche se gelida in questo periodo dell’anno, fa bene. E lo stesso vale per John Elkann. A dispetto delle polemiche che infiammano il dibattito sindacale in Italia, amministratore delegato di Chrysler e presidente di Fiat, hanno scelto il «clima positivo del salone di Detroit grazie al settore in ripresa» per dare due annunci: la salita di Fiat in Chrysler dal 20 al 25%, con l'obiettivo di raggiungere il 51% entro l’anno (Marchionne, il quale ha anche precisato che manterrà «la guida di Fiat e Chrysler oltre il 2011»); l’intenzione di Fiat Industrial, società da una settimana quotata a Milano, di rilevare i camion di Volkswagen se i tedeschi mettessero questa divisione in vendita (Elkann). L’affermazione del presidente di Fiat ribalta di colpo la percezione che il mercato aveva su Iveco: da preda, il costruttore di camion diventa predatore, rispondendo anche alle voci, peraltro confermate dai diretti interessati (il numero uno Dieter Zetsche), dell’interesse di Daimler verso la società con al volante Alfredo Altavilla. «Al momento - ha aggiunto Marchionne - non ci sono trattative». Lanciato il sasso, bisogna vedere che cosa risponderanno da Wolfsburg, a loro volta smaniosi di portare a casa propria l’Alfa Romeo. Si apre così un risiko che animerà i prossimi mesi e potrebbe dare uno scossone a Piazza Affari, sin da oggi, alle azioni di Fiat Industrial.
Fatte alcune precisazioni («non vendiamo nulla: né l'Alfa Romeo, che tornerà sul mercato Usa nel 2012, né Iveco, né Magneti Marelli, e tantomeno pensiamo di quotare parte di Ferrari»), Marchionne è quindi entrato nel merito della scalata in Chrysler. Per arrivare al 51% nel modo più conveniente, Marchionne dovrà cercare di rimborsare alle autorità Usa e canadesi i prestiti ricevuti (oltre 7,4 miliardi di dollari) che, tra l'altro, garantiscono ai contribuenti dei due Paesi interessi di peso: circa un miliardo. Infatti, se la partecipazione fino al 35% avverrà automaticamente e in base alle tecnologie “verdi“ che via via la Fiat renderà disponibili alla casa Usa, l’opzione sul restante 16% scatterà quando la Chrysler avrà azzerato il debito con le autorità. Questa parte di quota, comunque, non sarà a zero dollari come nel caso delle precedenti, e per ottenerla a un prezzo interessante (480 milioni, per Barclays), Marchionne dovrà prendersela prima che venga fissato il costo di mercato di riferimento, in anticipo dunque sull’Ipo. Gli analisti stimano un risparmio, in caso di rimborso accelerato e prima della quotazione, tra 1,5 e 2 miliardi di dollari. «Le risorse le abbiamo - ha spiegato Marchionne -: Chrysler non ha bisogno di Fiat in quel senso, e Fiat può fare quello che vuole senza vendere alcunchè». Utili, a questo proposito, saranno comunque i 3 miliardi di dollari in contributi “verdi“ che il Dipartimento dell’energia dovrebbe presto rendere disponibili alla casa di Auburn Hills.
Il passaggio del Lingotto al 25% nel gruppo Usa è comunque dettato dalla certificazione del primo motore con tecnologia italiana (il “Fire“ prodotto a Dundee, nel Michigan) da utilizzare in Nordamerica. «Con l’aumento del peso di Fiat - si legge in una nota - l’azionariato di Detroit vede i sindacati Uaw e Veba detenere il 63,5% del capitale, il Tesoro Usa il 9,2% e il governo canadese il 2,3%».
Le prossime tappe che porteranno il Lingotto al 35% riguardano l’aumento dei ricavi e delle vendite di Chrysler al di fuori dell’area Nafta, e la produzione commerciale negli Usa di una vettura basata su una piattaforma Fiat con prestazioni di almeno 40 miglia per gallone. Il clima di ritrovato ottimismo negli Usa ha in parte attutito le notizie sulle nuove minacce a Marchionne, firmate con la stella a 5 punte, in arrivo dall’Italia.

«Sono scritte fuori posto - taglia corto il top manager - che riflettono la mancanza di civiltà che non è opportuna per l’Italia e per nessun altro Paese: siamo fiduciosi che prevalga l’aspetto razionale e l’ideologia politica resti fuori dalla fabbrica». Elkann ascolta e tace, lasciando campo libero a Marchionne. La posizione degli Agnelli sul futuro di Fiat è chiara: si guarda avanti, senza essere schiavi del passato e delle paure.

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