Francesca Amé
La sfida: prendere un manifesto, strapparlo e poi re-interpretarlo con i pennelli. I ragazzi di oggi non si sono inventati niente di nuovo: Jacques Villeglé, classe 1926, già cinquant'anni fa operava in questo modo. Un «ravisseur d'affiches» si definisce: un rapitore di manifesti. Oggi Villeglé, che con Hains, Dufrêne e il nostro Mimmo Rotella è tra gli affichistes più famosi al mondo, arriva a Milano per eseguire uno dei suoi celebri «strappi». L'appuntamento è per questa mattina alle 11 in viale Scarampo, all'angolo con via Serra: sono anni che l'artista francese non realizza più uno strappo di un'affissione pubblica e l'occasione è ghiotta per vedere questo maestro dei «manifesti lacerati» mettere di nuovo i panni del rapitore di sogni collettivi (quelli appesi ai muri della nostra città) per trasformarli in qualcosa di completamente diverso.
In concomitanza con il compleanno della galleria milanese diretta da Lodovico e Maria Tonelli, che compie un quarto di secolo, Villeglé apre con il suo gesto una collettiva dedicata agli affichistes nella sede espositiva di corso Magenta («La pelle della città», alla Galleria Tonelli fino all'8 dicembre, ingresso libero). Per Villeglé è un ritorno interessante a Milano a un anno esatto di distanza dalla bella mostra organizzata dalla Galleria del Gruppo Credito Valtellinese sugli affichistes. Parola intraducibile in italiano, comprende un manipolo di artisti italiani e francesi che tra il Dopoguerra e gli anni Settanta ha esplorato l'arte del collage e del décollage recuperando le scritte pubblicitarie affisse in strada per trasformarle in opere d'arte su tela. Milano poi, grazie all'attività della Galleria Apollinaire, ha visto nascere nel 1960 il movimento del Nouveau Réalisme (di cui gli affichistes erano parte) e dieci anni dopo festeggiare la ricorrenza con una serie di performance artistiche che impressionò, dalle colonne del «Corriere della Sera», anche Dino Buzzati.
Quando incontrammo Villeglé a Milano, lo scorso anno, ci disse che «l'affiche è uno spettacolo di strada: ha bisogno della città per vivere». E a noi che gli chiedevamo la differenza tra la Street Art di oggi e quella degli affiches di un tempo rispondeva: «Noi avevamo più ironia.
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