Pechino 2008

La tortura cinese alle bambine programmate per fare le donne

Secondo la carta d'identità hanno più di sedici anni ma il fisico tradisce l'imbroglio. Il tecnico Usa di ginnastica: "Basta guardarle, hanno ancora i denti da latte"

La tortura cinese alle bambine programmate per fare le donne

Le guardi, povere piccole, e pensi che il fottutissimo oro appena conquistato non conti nulla. He Kexin fa la ginnasta e ha il viso piccolo e sorridente di un peluche per bambini, ma le carte dicono abbia sedici anni. Non è vero, non può essere vero. Yang Yilin spalanca gli occhi e respira profondo con quel tenero sussulto dei nostri piccoli quando stanno per piangere. Fa così ogni volta che deve affrontare un esercizio.

La nuova frontiera del doping porta con sé una sacrosanta verità: basterebbe l’antidoping del buon senso per sconfiggerla subito. Sarebbe sufficiente soffermarsi qualche minuto in più a osservare in viso questi piccoli peluche medagliati per capire che no, signori, non hanno sedici anni e che no, non si suonino inni ma si chiami la polizia. Solo che da queste parti è meglio non chiamarla la polizia.
Per cui avanti così, e che nulla si fermi per la gioia del regime e degli eserciti di selezionatori sguinzagliati da sette anni in giro per le risaie della Cina. Il Paese aveva appena ottenuto l’assegnazione dei Giochi e questi signori erano già a zonzo con il compito di raccogliere chicchi di futura gloria sportiva. Non si sono più fermati. E non si fermeranno. Nelle campagne lontano da Pechino ci sono altre migliaia di bambini sottoposti a torture, perché di questo si tratta, anche se vanno sotto il nome di allenamento. Tempo fa si è parlato della piccola Huang Li scovata nella disperata regione dello Hunan. Un esserino di dieci anni con gli occhi zeppi di tenerezza. L’hanno soprannominata la bambina pesce. Non ci assomiglia per nulla, però è capace di nuotare per chilometri nelle melmose acque del fiume Xiang. Lo fa con una corda a legarle polsi e caviglie. Dicono tempri il carattere della nuotatrice. Ora è davvero troppo piccola, ma per Londra 2012 avrà l’età giusta per stupire il mondo. E cresce così, si allena così.

Ieri quel peluche sorridente di He Kexin ha vinto l’oro alle parallele asimmetriche. Nella bolgia dell’Indoor stadium, dove il frastuono del tifo di stato non aveva nulla di sportivo, la piccola ha concluso davanti a quella poveretta dell’americana Nastia Liuskin, che di anni ne ha quasi 19, pesa 45 chili, tocca l’uno e sessanta e sembra una donna. Kexin dice e dicono ne abbia 16, di peso fa 33 chili e d’altezza uno e quarantadue. Dietro la ragazza a stelle e strisce un altro scricciolo, Yang Yilin, anche lei componente del team femminile cinese che mercoledì scorso ha conquistato la storica medaglia nel concorso a squadre. Pesa 35 chili, è alta uno e cinquanta.
Sono loro le atlete bambine sospettate di avere decisamente meno dei sedici anni necessari per partecipare ai Giochi. Ma in squadra hanno per compagna un altro respiro di bimba: Jiang Yuyuan. Il passaporto dice che avrà diciassette anni a novembre, il viso e le misure dicono ben altro: 32 chili per uno e quaranta. E sono tre, per cui metà della squadra che ha vinto l’oro.

A scoperchiare il pentolone sono state le ricerche fatte dal New York Times e dall’Associated press dopo la denuncia dell’allenatore della squadra Usa, il romeno Bela Karolyi. Sia alla vigilia dei Giochi che soprattutto dopo la sconfitta rimediata dalle ragazze statunitensi nel concorso a squadre, Karolyi aveva detto più o meno questo: «Quelle ragazzine basta guardarle, hanno ancora i denti da latte...». E il tecnico è uno che se ne intende, visto che fu lui a lanciare le prime baby prodigio della ginnastica: un nome su tutte, Nadia Comaneci. In molti gli hanno subito creduto, tanto più che trent’anni orsono la Romania già svettava nelle tecniche ormonali per il blocco dello sviluppo fisico delle piccole atlete. Già, pure questo. E se lo facessero anche i cinesi? Al momento non è dato sapere. Resta il fatto che Karolyi ha sospettato e Karolyi è un luminare in materia.

Una volta sollevato il problema, si è poi scoperto che una delle bambine cinesi, in una cronaca neppure tanto datata firmata dall’agenzia Nuova Cina, per cui fonte molto controllata dalle autorità, risultava avere tredici anni. Di più: in un registro della federazione ginnastica locale gli anni salivano a quattordici. Comunque non i sedici necessari e ben in vista sui passaporti delle piccole mostrati nei giorni scorsi dai dirigenti cinesi.
Poveri piccoli peluche flessibili, magari più giovani del previsto perché, come ha sottolineato in passato il ct delle ragazze azzurre Enrico Casella, «quando si diventa donne si perdono elevazione, velocità e istinto acrobatico». Si perde anche la gioia di essere piccoli. Perché essere piccoli diventa un dovere.

Forse una tortura.

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