«Il Tour cambia la vita, il Giro la riempie»

«Il colpo al cuore è per la mia ragazza, rimasta da sola a ristrutturare casa»

da Milano

Per capire di che pasta è fatto Contador basta cominciare dai titoli di coda: i ringraziamenti. «Un ringraziamento va a tutta la squadra, che come il sottoscritto è stata chiamata a correre questo Giro senza una preparazione specifica. Tutti hanno sofferto, ma ogni giorno c’era sempre chi era in grado di lavorare per me. Un grazie a Klöden, che a questo Giro c’è venuto non in perfette condizioni fisiche. Si è ritirato a un passo dalla meta, ma anche lui è stato un grande». Grande lo è stato anche questo ragazzo madrileno, che qualche anno fa vide la morte in faccia per una vena maligna del cervello che si ingrossò e fu operato d’urgenza. Grande lo è per davvero Alberto Contador, che fa cose grandi, senza fare proclami o mettere manifesti. E dice sinceramente che non è in grande condizione, ma nessuno gli crede. Così nessuno, nei primi dieci giorni gli fa vedere i sorci verdi e lui pian pianino, chilometro dopo chilometro migliora. «Il mio gesto sul traguardo? Lo faccio sempre nelle occasioni speciali, e questa era una di quelle. Un colpo al cuore per una persona speciale: Macarena, la mia fidanzata, che in questo periodo è stata a casa. Avevamo deciso di sfruttare il mese di maggio per ristrutturare casa. Poi io sono dovuto andare via e lei ha fatto tutto da sola: ogni sera mi inviava le foto dell’avanzamento lavori».
Ecco le sue pillole finali: «A Pescocostanzo ho capito che ce la potevo fare. Quel giorno feci molta fatica, anche per via della mia allergia al polline. Sono arrivato al limite un paio di volte perché Riccò, Di Luca e Piepoli sono andati fortissimo. Alla fine ero contento, quanto loro, perché mi ero difeso molto bene. Poi con la crono di Urbino è cominciato il mio Giro d’Italia». Il giorno peggiore: «All’Alpe di Pampeago». Il paragone: «Vincere il Tour ti cambia la vita, vincere il Giro te la riempie. In Francia si soffre di più anche se il Giro è tecnicamente più duro. Ma al Tour c’è maggiore pressione, tensione, agonismo. Per vincere il Giro occorre avere buone gambe; per vincere il Tour occorre anche un grande testa».


Uno che ha avuto invece una grande cuore è Marzio Bruseghin, che acciuffa per due interminabili secondi il podio del Giro. «Ho faticato come un mulo - dice uno che adora gli asini -, ma ne valeva la pena. Alla vigilia nemmeno mia madre avrebbe immaginato una cosa del genere».

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